Ultimo appuntamento con Estate d'autore e ultimo tema "caldo", quello dei migranti, che affrontiamo a cuore aperto sia come editore cattolico che come cittadine italiane e nello stesso tempo mondiali perché, come Paoline, svolgiamo da più di 100 anni, inviate dalla Chiesa, il nostro apostolato nei cinque continenti assieme a sorelle e fratelli di ogni etnia, razza, lingua e rivolgendoci ad ogni essere umano, anche di fede diversa.
Aprirsi allo straniero significa aprirsi alla speranza di un futuro possibile.
«L'azione di aiuto indiscriminato è una forte presa di posizione e può entrare in collisione con le leggi in vigore, ma i Giusti del Mediterraneo sono coerenti nel costruire atteggiamenti di coraggio civile e quindi antepongono la giustizia sociale a una legalità burocratica che chiude le frontiere e di fatto favorisce i trafficanti di esseri umani. È l'umanità che deve prevalere in ogni scelta e in qualsivoglia decisione politica» (Domenico Lucano, Sindaco di Riace, Prefazione al libro di Daniele Biella L'isola dei giusti).
Il nostro percorso Estate d'Autore arriva alla sua conclusione presentando il tema "migranti", argomento rilevante e di sostanza non solo perché occupa in permanenza il dibattito pubblico, ma perché destinato nei prossimi anni, a mio parere, ad essere fattore decisivo riguardo la nostra modalità di vivere insieme e abitare il pianeta.
Attualmente il tema "migranti" concentra su di sé una serie di problematiche gravi e delicate, sia per la vastità che per la complessità del fenomeno e nell'immediato, purtroppo, temo non si possano trovare rapide e semplicistiche soluzioni.
Come italiani ci troviamo a vivere in una situazione politica alquanto incerta ma che desidera mostrarsi "forte". Linea apprezzabile se veramente cercasse una soluzione, non dico mondiale ma almeno europea, al problema dei migranti. Tuttavia il linguaggio altisonante e i toni sprezzanti, lo sguardo altero, l'impassibilità e la freddezza con la quale vengono osservati i barconi stracolmi di persone disperate, le decisioni sbrigative e le scelte operate – causa di gravi e rilevanti conseguenze per le moltitudini in fuga – non sono molto convincenti e non fanno ben sperare per il futuro. Il viaggio della speranza, pagato a caro prezzo da questi nostri fratelli, s'infrange contro barriere innalzate persino in mare, là dove i confini non dovrebbero quasi esistere, dove è d'obbligo soccorrere e assicurare cure e sostegno a quanti si trovano in difficoltà. È giusto, certo, che tutti facciano la loro parte anche se non coinvolti nell'immediato da sbarchi e salvataggi in mare, ma questo non a scapito della vita delle persone. Non si può e non si deve far finta di non vedere.
So di non parlare da esperta sul tema, ma esprimo il mio parere come cristiana e come italiana; e sebbene non possa magari intuire e capire tutte le problematiche connesse al fenomeno migratorio, tuttavia mi rendo conto di come possa bastare pochissimo perché tutto degeneri, e possa rinascere nel cuore, non solo dei singoli individui ma anche di un popolo intero, l'odio, il razzismo e l'idea di eliminare e quindi poter fare a meno dell'altro... cose purtroppo già viste e assolutamente da non foraggiare. Invece l'uso delle parole e i modi con cui veniamo oggi invitati a guardare gli altri e a relazionarci con loro è ben lontano dalla cultura nella quale siamo cresciuti. Il messaggio cristiano e le conquiste civili in materia di diritti umani sembrano quasi non aver scalfito né le coscienze né i cuori di alcuni nostri simili.
Nella visione cristiana e umanistica, l'essere umano rappresenta il vertice della creazione e la persona è al centro di tutto: ogni cosa è posta al suo servizio. Parlando di migranti non dovremmo quindi porci alcun problema circa la provenienza, la religione, la razza, il colore della pelle... di fronte a noi ci sono semplicemente essere umani in fuga. Che cosa significa per noi oggi accogliere, integrare, proteggere, prendersi cura, condividere quello che siamo e che abbiamo con quanti sbarcano sulle nostre coste? Chiediamocelo. Personalmente, considero lo straniero che arriva da noi, sebbene sprovvisto di tutto, come un custode di tesori di valore inestimabile.
Cosa portano in dono queste persone con le loro esistenze stremate e la loro diversità? Lo straniero che viene a stabilirsi nelle ricche terre d'Europa quale patrimonio ha in serbo per noi? Quali ricchezze culturali, spirituali, intellettuali e umane lo accompagnano? Quale apporto può offrire al nostro caro e vecchio continente se davvero fossimo in grado di accoglierlo e valorizzare il suo contributo per edificare e costruire insieme la società? Potremmo realizzare un vivere sociale basato sull'integrazione, il dono e lo scambio, piuttosto che sull'esclusione, la marginalizzazione, l'impoverimento e il precariato. L'essere umano si forgia non assecondando solo i suoi bisogni primari ma anche i suoi desideri e le sue aspirazioni.
Il nostro percorso ha avuto inizio in un luogo preciso e con un tema, la schivitù, alquanto arduo da affrontare come prima esperienza di lettura. Con la storia raccontata dalla scrittrice Maria Tatsos siamo approdati in Grecia agli inizi del '900, dove 1 milione e 200 mila greci di fede cristiano-ortodossa, perseguitati dai Turchi, sono sbarcati, come profughi, dopo aver lasciato le sponde del Mar Nero, loro terra natia, e aver abbandonato casa, terra, lavoro per mettere in salvo la vita. Con uno dei libri di Daniele Biella torniamo nuovamente in Grecia, questa volta nella piccola isola di Lesbo, crocevia dell'umanità, protagonista del libro L'isola dei giusti dove, nell'arco di dodici mesi, sono sbarcati via mare, dalla Turchia, almeno 600 mila persone, contro gli appena 80 mila che abitano l'isola.
«Quasi un secolo dopo, i nipoti di quei fuggitivi hanno ancora le braccia aperte: l'isola dei rifugiati accoglie e salva da morte certa nel Mediterraneo migliaia di rifugiati siriani, afgani, iracheni ma anche pachistani, bengalesi, o del continente africano».
Il libro di Daniele Biella racconta le storie di sette giusti. Si tratta di un libro prezioso perché non narra le gesta di grandi eroi, bensì di persone simili a noi che, di fronte al dramma, non hanno fatto altro che agire come esseri umani, e hanno accudito, accolto, offerto cure e condiviso il poco che avevano. Hanno aperto il cuore, hanno aperto le loro case, sono andati incontro, hanno riconosciuto nelle persone che arrivavano degli esseri umani uguali loro in uno stato di grande necessità. E con le loro poche cose e risorse hanno messo in campo la solidarietà. E hanno offerto a tutti noi, senza gridarlo, una grande lezione di umanità e coraggio, come hanno saputo fare anche altre persone in Italia dove, in primis, risplende un'altra isola, terra di accoglienza e di salvezza per molti profughi: Lampedusa.
Lampedusa e Lesbo, due avamposti dell'Europa, culle di civiltà che hanno scelto da che parte stare, perché hanno saputo «riconoscere il fratello e la sorella, rifuggendo dall'illusione di innalzare recinti per sentirsi più sicuri» (Papa Francesco).
Concludo questo tema, su cui ci sarebbe ovviamente molto altro da dire, con la cine-riflessione di Ermanno Olmi: il suo bellissimo film Il villaggio di cartone.
La storia si snoda attorno alla figura di un vecchio parroco e alla sua chiesa che sta per cessare di essere luogo di culto. Quando però l'edificio viene alla fine veramente svuotato di tutti gli arredi sacri, compresi crocifisso e tabernacolo, da luogo ormai destinato alla desolazione e alla non-presenza, si ritrasforma inaspettatamente in luogo di asilo e di rifugio, spazio di fratellanza per un gruppo di extracomunitari senza permesso di soggiorno che trovano proprio qui qualcuno in grado di accudirli, aiutarli e proteggerli. Una chiesa spoglia di tutto ma capace di essere ugualmente luogo che accoglie e serve Dio negli uomini, i più poveri giunti tra noi... una bellissima immagine di speranza e nuovi inizi. Dio torna ad abitare nella sua casa e s'incarna di nuovo, come nella commedia musicale Betlehem anno zero di Daniela Cologgi e Giampaolo Belardinelli.
Augurandovi un buon rientro dalle vacanze, vi lascio con la canzone Carovane, tratta proprio dallo spettacolo:
«Carovane su percorsi lontani / coi destini stretti nelle mani. / Carovane di famiglie e bagagli / ma quando si arriva?
Carovane giorni e notti di viaggio / con le borse piene di coraggio. / Carovane sui tracciati del tempo / e un giorno si arriva...»
Sette storie paradigmatiche di solidarietà estrema, nello scenario di una piccola isola, Lesbo, divenuta famosa per una generosità dei poveri che ha supplito all'indifferenza dei potenti.
Il libro racconta di Nawal, una ragazza di origine marocchina, che vive a Catania e che aiuta i siriani in fuga dalla guerra.
Una vecchia chiesa viene dismessa. Gli operai lavorano per staccare quadri, togliere addobbi, smontare oggetti sacri. L'anziano parroco osserva tutto con incredulità e sgomento quando...
Commedia brillante, in un atto unico. Il CD contiene 8 canzoni, basi musicali e il libretto con i testi delle canzoni per parlare del Natale con spunti di riflessione sulla pace, sulla multiculturalità, sulla tolleranza...