Annunciamo le meraviglie...

Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani 2016

La preghiera ecumenica tra le varie confessioni cristiane è un segno di speranza che ogni anno si rinnova e porta una ventata di fiducia non solo tra le Chiese, ma anche all'intera umanità di oggi e di domani.

L'appuntamento di Preghiera per l'unità dei Cristiani, nel primo mese di ogni anno, suona come l'incipit del planning annuale della cristianità. Concluso, infatti, l'anno precedente con la celebrazione del mistero dell'Incarnazione - il Verbo si fece carne - i cristiani proseguono a narrare l'evento straordinario che ha dato inizio alla visibilità storica del volto di Dio, identificato con il volto di Gesù di Nazareth, con la sua storia terrena vissuta tra gli uomini e le donne del suo tempo. Ma, cosa assolutamente unica, straordinaria, è che la presenza del volto di Gesù Cristo, dopo il compimento della sua passione morte risurrezione, è tutt'ora "viva" e presente attraverso i volti vivi e palpitanti di uomini e donne che credono alla sua Parola. Sono i Cristi vivi, oggi, che danno lucentezza e perennità alle orme di Dio sulla terra.

Chiamati per annunciare...

Il tema, Chiamati per annunziare a tutti le opere meravigliose di Dio, scelto dalla prima Lettera di Pietro (cfr 1 Pietro 2,9) per animare la Settimana di preghiera dei cristiani, tocca il cuore della missione svolta innanzi tutto dagli Apostoli nella Chiesa primitiva. Paolo stesso, infatti, nella prima riga della Lettera ai Romani si autodefinisce "apostolo per vocazione, prescelto per annunziare il Vangelo di Dio". Poi, in senso lato, si estende all'apostolato dei missionari del Vangelo di ogni tempo. Oggi, ogni battezzato, potenzialmente, è un "apostolo", un chiamato e inviato per svolgere la mirabile missione dell'annuncio del Vangelo. In questo discorso il cuore delle Paoline batte forte. Esse, per carisma, sono riconosciute, dalla e nella Chiesa, come apostole di Gesù Cristo nel mondo della comunicazione di cui abbiamo parlato in altri Editoriali. Ora sono più che mai coinvolte nell'approfondire la riflessione sollecitata dalle parole dell'apostolo Pietro, identificato come autore della prima Lettera di Pietro. Nel brano scelto dagli organizzatori della Settimana di preghiera come contesto al tema, Pietro dialoga con i cristiani del suo tempo per aiutarli a comprendere il senso, la verità che si svela con l'espressione «popolo che Dio ha acquistato per sé perché proclami le sue opere meravigliose».

Egli spiega: «prima dell'incontro con il Vangelo», ossia prima che si realizzasse la salvezza di Dio in Gesù Cristo, «eravate non popolo di Dio; ora siete il popolo di Dio con la chiamata ricevuta; prima non avevate la misericordia, ora avete ottenuto la misericordia di Dio e siete benedetti». Questa realtà salvifica si esprime attraverso il Battesimo comune a tutti i cristiani. Una meravigliosa realtà che necessita essere narrata e annunciata.

Noi, insieme ai cristiani di ogni confessione, sensibili e impegnati in un cammino comune di riflessione e di preghiera, ci lasciamo sollecitare dalle poche, ma essenziali parole di Pietro, per riflettere con maggiore consapevolezza sulla nostra identità di cristiani battezzati, appunto, e sulla missione di "annuncio" che ne segue. Emerge, ancora una volta, da una parte la consolante conferma che in Gesù Cristo e solo in lui troviamo il senso della nostra vita e di tutto ciò che cerchiamo; dall'altra la "sfida permanente e quotidiana a rimanere in questa nuova identità in Cristo", popolo di figli di Dio perché chiamati per nome.

Le opere meravigliose

La "faccia bella" della sfida è di vivere una relazione filiale con Dio commisurata sulla relazione per eccellenza stabilitasi tra Gesù Cristo e Dio suo Padre. Gesù, nel vangelo di Giovanni, dice ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, anch'io ho amato voi. Rimanete nell'amore» (Gv 15,9). È come dire di non avere paura a chiamare Dio "padre", di non porre resistenza a questa relazione di amore filiale, confidente e fiducioso. Se abbiamo chiara nella nostra mente questa dimensione benefica, il nostro cuore bramerà e ci pungerà fino a far sprigionare in noi la passione degli apostoli per far conoscere a tutti le meraviglie che sperimentiamo, e per annunciare responsabilmente nel mondo il nome di Gesù Cristo e le meraviglie che a questo Nome sono connesse: la misericordia, la pace, la gioia, la serenità, la fraternità... Sono parole che non esito a definire "universali". Lo stesso papa Francesco ha scelto la "misericordia" per parlare di Dio a tutti gli uomini e le donne di questo terzo millennio. In esse leggo attese e aspirazioni comuni a moltitudini di uomini e di donne nostri contemporanei, come esprime bene Dom Guillaume, trappista, nel suo volume, a cui rimando, Gesù lo guardò e lo amò. Meditazioni sul Vangelo di Luca, (Paoline, Milano 2015, pp. 166-168). Il ragionamento dell'ex abate dell'abbazia di Mont-des-Cats è lineare e coinvolgente, ma anche interrogante. Le domande poste da Dom Guillaume mi consentono di agganciare la "faccia faticosa" della "sfida" di cui abbiamo parlato.

Nel verbo "rimanere" intravedo, come in un affresco, il movimento nervoso dell'andar via, e la pacificazione luminosa sul volto di chi resta, perché ha trovato "l'amore del suo animo", la pace, il bene: quello che, forse, inconsapevolmente cercava. In altri termini, al verbo "rimanere", collego tutta quella dialettica che contrassegna la nostra vita tra "accoglienza e rifiuto" in materia di fede, di cammino spirituale, di relazionalità con Dio e con il prossimo. Se Dio è Padre, i "prossimi" sono fratelli e viceversa; ma si dà anche il contrario e allora si creano le situazioni aberranti di cui si racconta con orrore e terrore a ogni telegiornale.

Sono in gioco difficoltà personali, interne a noi, che sperimentiamo ogni giorno, e difficoltà di contesto, di cultura, di aggregazione, di moltissimi altri fattori in grado di alterare ogni verità che trascende la fisica e la ragionevolezza.

Qualche interrogativo

Il quadro, solo accennato, si appesantisce e si aggrava nel nostro oggi. A livello mondiale sembra che i non-valori cavalchino il successo, i venti di guerra soffiano in ogni dove e il terrore tiene in scacco la vita di intere popolazioni. Perché siamo arrivati a questo punto...?, si chiede Dom Guillaume nel testo citato. Proseguo chiedendomi: Siamo ancora in tempo a ricuperare la componente "umanità", essenziale per riconoscere dignità e dare rispetto a ogni singola persona? Abbiamo il buon senso di rivederci nel progetto originario di salvezza, di essere consapevoli che apparteniamo a Dio senza per questo perdere nulla della nostra libertà? Abbiamo il coraggio di assumerci la nostra porzione di responsabilità per difendere la creazione, per salvaguardare l'ambiente che Dio ha affidato all'umanità per trovare in esso sostentamento e bellezza (cfr. Laudato si')? La mia fede mi dice che l'umanità non può stare sconnessa da Dio Creatore e Padre e che Dio ha bisogno di noi per farsi conoscere e amare.

Annunziare a tutti le opere meravigliose di Dio significa riprendere con umiltà a raccontare le meraviglie che il Signore ha compiuto per gli uomini e le donne di ieri; quelle che compie oggi attraverso la testimonianza eroica di volontari e missionari, attraverso i sogni che diventano realtà ogni qualvolta si realizzano gesti fraterni di riconoscimento reciproco, di rispetto, di amore e di misericordia anche nel cammino del dialogo interreligioso e nel cammino dell'ecumenismo; le meraviglie che compirà attraverso i figli dei figli dell'uomo e della donna che proseguiranno a testimoniare l'esistenza del popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di Lui.


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