Echi dal convegno Liturgia e Catechesi/1

Al ritorno dal Convegno unitario dei direttori e collaboratori degli Uffici catechistici e liturgici delle diocesi italiane (Salerno, 20-2 giugno) sr M. Rosaria Attanasio, responsabile della rivista "Catechisti Parrocchiali", condivide alcuni elementi emersi dalla ricchezza e varietà delle relazioni.

Nella stupenda cornice tra l'azzurro mare e le verdi montagne della città di Salerno sono convenuti oltre 350 partecipanti, per incontrarsi e condividere approfondimenti ed esperienze nell'ambito dei percorsi catechistici e liturgici, con l'intento di individuare i punti di raccordo, di sinergia e di armonizzazione, in vista di una fede professata, vissuta e celebrata.

Molti relatori si sono alternati presentando le diverse sfaccettature del tema: «Bambini e ragazzi nell'azione simbolico-rituale della Chiesa: liturgia e catechesi» dalle quali sono emersi aspetti particolarmente interessanti:

Don Franco Magnani (direttore ULN) nel corso di un'intervista, ha evidenziato che sia la catechesi sia la liturgia devono misurarsi con il contesto attuale, radicalmente trasformato e con la nuova antropologia che caratterizza i nativi digitali: «Oggi, sempre più ci si rende conto che non si può dare per scontato il linguaggio della fede e dell'esperienza religiosa. Siamo davanti a un problema per molti aspetti nuovo... Si tratta di fare i conti con un nuovo contesto culturale, che provoca uno spostamento del quadro simbolico a cui eravamo abituati. Ci sono nuove sfide poste, ad esempio, dalla cultura digitale, come nuovo modo di stare dentro la realtà e di percepirla, o dal pervasivo prevalere della logica economica che porta a privilegiare in maniera esclusiva il profitto, o dalla ideologia del piacere, fruito in maniera individualistica». Il direttore dell'ULN ha posto, quindi, l'attenzione sulla necessità di «una cura costante, progressiva e trasversale che dobbiamo avere per introdurre le nuove generazioni nel mondo della fede vissuta e celebrata» (agensir.it/chiesa/2017/06/14/).

Don Paolo Sartor, (direttore UCN), introducendo i lavori del Convegno, ha sottolineato l'urgenza di accompagnare le famiglie dei bambini, per una vera esperienza di fede: «Ci sentiamo chiamati a giocarci al fianco delle famiglie credenti, pensando al bene dei bambini che diventano cristiani ancora in numero così ampio nel nostro Paese». E ha precisato che «non esiste educazione liturgico-catechetica alla fede che non faccia leva sulla dimensione esperienziale, antropologica di base», e anche nelle famiglie, fin da piccolissimi, i bambini «vivono piccoli rituali in cui il loro cuore si apre al mistero e si rapporta con esso». Mons. Sartor ha invitato a superare «una visione un po' negativa della situazione», in quanto si registra «un lavorio in positivo, un tentativo di vivere come comunità cristiane la comunicazione della fede, oggi, con aderenza alla realtà, fedeltà al tesoro della tradizione e insieme creatività intelligente». Ci sono buone pratiche catechistiche e liturgiche con le quali abbiamo cura dei più piccoli, che si rivelano un banco di prova e un'occasione di approfondimento sul modo in cui la comunità cristiana può assolvere al suo compito di introdurre alla vita secondo il Vangelo.

Pierangelo Sequeri ha tenuto la relazione introduttiva su «L'orizzonte simbolico, rituale della rivelazione-fede». Ha evidenziato che la nostra civiltà «dell'espressione» è autoreferenziale. La relazione, invece, non espressiva di sé è quella costituente dell'essere umano, del suo rapporto con Dio. In essa c'è il valore originario, c'è il primum. La liturgia ha un profilo alto: è questa la ragione per la quale ci possono entrare anche i bambini. La musica dei grandi musicisti è così profonda, alta e umana che in essa c'è posto anche per i bambini. Occorre trovare lo spazio dei bambini...

Il luogo della liturgia è lo spazio in paoline attanasio echi convegno 1 messa blogcui la Chiesa ferma se stessa, diventa inoperosa, per concentrarsi sull'opera di Dio, diventa silenziosa per concentrarsi sulla parola di Dio. Perché nel resto della vita ha il compito di dire parole per annunciare il cristianesimo. La liturgia è il luogo nel quale i credenti dicono al mondo: se non posso sentire Dio che mi parla sono perduto. L'effetto non sarà «qualcuno mi ha parlato di Dio», ma «Dio mi ha parlato». Il simbolo, infatti, non rimanda, è. La liturgia è il mistero nel quale Gesù, crocifisso e risorto, è presente. È il momento generativo di ciò che non può farsi da sé, della relazione di Dio con il mistero dell'essere umano. È il luogo nel quale la Chiesa si fa grembo e provvede alla gestazione, riportando all'atto creatore di Dio, che non è sostanza né relazione, ma generazione; è far essere nel voler bene.

Luigi Girardi nel presentare i «Criteri per l'azione liturgica», ha orientato a progettare le pratiche dentro una tensione dialettica tra l'adattamento della liturgia alle persone e l'iniziazione delle persone al suo linguaggio, nel rispetto del valore originario della liturgia. C'è da precisare che i gesti liturgici non sono tanto strumenti per esprimere la fede, ma anzitutto la sua forma ecclesiale, tesa a dar forma al nostro essere credente. Un buon approccio alla liturgia avviene attraverso il metodo mistagogico che non spiega la mediazione rituale, ma fa entrare nel dinamismo e lo sviluppa. Occorre riscoprire con fiducia il gesto rituale. L'apertura alla potenza del gesto è azione liturgica. Il mondo della disabilità permette di vivere un approccio di cui abbiamo bisogno, più corporeo, contrapposto alla «verbosità». Un approccio che fa essere dentro. Modello immersivo, osando di più, è quanto è più comune con il mondo multimediale. Introdurre i bambini nella liturgia è introdurre in una Chiesa che celebra.

Carmelo Torcivia ha sviluppato i «Criteri per l'azione catechistica», rilevando che l'identità della catechesi comporta che essa sia eco/sviluppo del kerigma. L'atto catechistico non è dottrina, né è nell'ordine della pedagogia o didattica, anche se queste discipline sono necessarie in vista della scelta di modelli pedagogici adeguati. L'atto catechistico è nella linea della comunicazione/consegna della fede, è teologico-antropologico-esistenziale, in vista di un'inculturazione della fede. E non privilegia la sola comunicazione verbale, ma piuttosto la dimensione simbolica e rituale che meglio esplicita la forza dei riti della liturgia.

 

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