Nel fluire della grazia

#Fermati e...

Fermati, leggi e pensa... Fermati con Antonella Lumini e pensa... non permettere a queste righe di correre veloci sotto il tuo sguardo. Non travolgerle con altri mille click subito dopo. C'è un invito a sostare, a pensare e a ripensarsi... La paura la tocchiamo, è tangibile e dura. Ma anche nella paura la Grazia fluisce e rinnova.

La paura...

La paura è umana, anche Gesù ha avuto paura: «in preda all'angoscia pregava più intensamente. Il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano a terra» (Lc 22,44).
Importante è come si reagisce alla paura.
La paura può far chiudere in se stessi spengendo la fiamma del cuore, prosciugando la vena dell'amore, oppure aprire ad un rapporto sempre più intenso con il fuoco dello Spirito, con l'Origine che ci ha generati.

Paura, in latino pavor, viene dal verbo pavere, avere paura, il cui verbo di stato, pavire, significa essere battuto, battere il terreno per livellarlo e dal quale deriva il termine pavimento. La paura è quindi una emozione che sottintende l'essere battuti, schiacciati. È la reazione sensibile di fronte a un pericolo, a una situazione che mette fortemente a rischio la vita. Certamente scaturisce da una memoria che pervade anche le nostre cellule perché, di generazione in generazione, l'umanità porta dentro se stessa ricordi di eventi naturali o prodotti dalla storia individuale e collettiva che hanno impresso tracce indelebili di questa emozione forte.
La paura tramanda una memoria atavica che riconduce ai riti ancestrali del sacro, che il cristianesimo però purifica, attraverso l'atto d'amore puro, l'offerta pura accompagnata dal ringraziamento, a perenne memoria che tutto è grazia dove governa l'amore.
Questa è allora la virata necessaria: ascoltare la nostra paura come veicolo di trasmissione che apre ad un amore più grande, come testimonia Gesù con il segno eucaristico.

Anche Gesù, eppure...

Gesù a tavola con i suoi già sa. Il suo cuore è turbato, ma proprio di fronte agli eventi che stanno per scatenarsi, ecco che la sua reazione sposta di un salto iperbolico la prospettiva del mondo. Accetta con atto d'amore puro.
Guarda quanto accade sul piano dell'economia umana, dominata da una volontà di menzogna, di potere, di violenza, con uno sguardo completamente orientato verso il fluire leggero della grazia, dove ogni distorsione si dissolve, dove tutto rientra nella levità dell'atto creativo, nella bellezza dell'amore.

Gesù acconsente, ma non subisce. Il suo gesto è sublime, nobilita il genere umano conducendolo verso il compimento. Amore puro che sconvolge, commuove il cuore, spaesa l'anima. Possiamo solo stare nella contemplazione di un mistero troppo grande per essere compreso e che può solo essere incarnato a piccoli frammenti ogni volta in cui, anche noi, con tutti i nostri limiti, con le nostre miserie, ci troviamo costretti a misurarci con la nostra paura.

Come Lui, scegliere

Fermarsi, accudire il colpo, far posto nel profondo alla verità, entrare in contatto con la nostra paura, con quella di coloro che ci stanno vicini e gridare come Pietro quando sta per affogare: «Signore, salvami!» (Mt 14,30).
Il Signore con la sua presenza di infinita misericordia è sempre lì, in quell'ultima cena che si rinnova quotidianamente sulla faccia della terra ovunque ci siano eventi drammatici e dolorosi. È li che ci offre la mano per attrarci dentro la corrente del suo amore. Spalanca la nostra mente verso altri orizzonti, ci fa ricordare che la grazia sempre fluisce, che attraversa con i suoi semi di luce ogni oscurità, che risolleva vivificando i cuori.
Gesù sposta la prospettiva dal tempo all'eterno ricordandoci che il tempo è dentro l'eterno e che quindi ci possiamo sempre rientrare attraverso la coscienza. Siamo nel tempo storico, ma contemporaneamente siamo nell'eterno, così come siamo su questo pianeta, ma navighiamo nelle galassie, dentro l'universo. Questi spostamenti di coscienza dilatano, colmano, perché la manifestazione creata è governata dall'amore e allora, dentro l'abbraccio di un amore così avvolgente, la paura si dissolve come un granello di sale nel mare. È un fatto di prospettive, di proporzioni.
E tutto parte dal qui ed ora, perché il qui del tempo è in se stesso un attimo eterno.

L'ora di Gesù è nel tempo, ma insieme è nel movimento infinito dell'amore.
Il Verbo incarnato è una porta spalancata nella coscienza che permette questi passaggi di prospettiva.
Il segno eucaristico è dunque come faro di luce che mantiene sveglia la memoria, attrae la nostra umanità in una costante ascensione di grazia, invita all'abbandono, alla fede autentica: «Grazie Signore di esserci sempre, tu che nobiliti la nostra vita».

Dalla sola sopravvivenza al cambiamento

Questo tempo di grande prova e smarrimento che chiede di fermarci, di restare a casa, che interrompe i nostri frenetici ritmi, potrebbe essere letto come urgenza di sopravvivenza che si impone su un meccanismo disumanizzante, perverso e irrefrenabile. Tutti siamo provati, addolorati, sgomenti, ma dopo un primo naturale spaesamento, è possibile che questo dramma operi profondamente nelle coscienze al fine di promuovere un cambiamento di rotta a livello globale.

Certo il prezzo è molto alto.
Chi è colpito, chi non ce la fa.
Chi cura, soccorre, assiste, al ritmo di una generosità commovente.
Chi cerca di governare con grande difficoltà una situazione che travalica da ogni punto di vista.
Tutto questo fa traballare tante false certezze che dominano il nostro mondo. Ci sono valori non negoziabili che tornano alla ribalta, primo fra tutti la sacralità della persona umana in tutte le tappe della vita, compreso il momento estremo dell'accompagnamento verso l'ultimo passaggio. Quello che strazia in questi giorni sono proprio gli immensi disagi e le anomale modalità che riguardano questo congedo fra chi lascia e coloro che restano. Lacerazioni che non possono finire nel nulla, che interrogano profondamente sul senso della morte e della vita.

Questa emergenza così dolorosa, sta anche risvegliando solidarietà fra le persone, mette di fronte al senso di fragilità, sta facendo crollare ogni falsa illusione di autosufficienza. È dunque un grande invito a rientrare in noi stessi, a misurarci con la verità, a metterci in ascolto delle nostre anime assetate di eterno e di infinito.

 


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