Non solo mimose

Mimose sì, ma non solo. Alda Merini, Michelangelo Buonarroti, García Lorca e tantissimi altri hanno dedicato alla donna i loro componimenti, esprimendo amore, dolore, rispetto, affetto materno, ricerca di senso. Un omaggio a tutte le donne che, con la loro creatività, la loro determinazione, la loro tenerezza e – perché no? – le loro insicurezze, contribuiscono a rendere più bello il mondo.

Il titolo di questo elegante libro-omaggio che le Paoline dedicano alla donna mi ha fatto ricordare una trasmissione televisiva della RAI di un 8 marzo di parecchi anni fa. In quella trasmissione Franca Zambonini, firma storica e autorevole del settimanale Famiglia Cristiana, lanciava una provocazione: «Vorrei - diceva - che non ci fosse più bisogno dell'8 marzo, perché significherebbe che finalmente la parità di diritti, di opportunità, di riconoscimenti è un dato acquisito che non ha più bisogno di essere ricordato una volta l'anno e poi disatteso per gli altri 364 giorni!»
In sostanza: non solo mimose, ma soprattutto una più concreta consapevolezza di LEI, del suo esserci.

«Essere donna è così affascinante! È un'avventura che richiede un tale coraggio, una sfida che non annoia mai», così scriveva Oriana Fallaci nel suo libro Lettera a un bambino mai nato e riportato in questo libro.
A giudicare dai fatti di cronaca, sembra che l'8 marzo sia urgente, oggi più che mai! I numeri parlano chiaro: 106 femminicidi nel 2018, uno ogni 72 ore! E non sono pochi neppure in questi primi mesi del 2019.
Chiedo venia! Non è esattamente questo il modo di sottolineare una festa, perché comunque questa giornata vuole essere una festa. E le donne sanno fare festa anche nella fatica, nella stanchezza, nel dolore. Anche perché, per un femminicidio, ci sono tante donne e uomini che si guardano in faccia, che non hanno paura delle loro scelte, che tentano ogni giorno di ricominciare a tessere i fili della vita.

I testi raccolti in questo libro lo dimostrano; sono voci che raccontano la donna e vengono dai posti più diversi, lontani tra loro per cultura, tradizioni, contesti sociali e religiosi. Vengono da luoghi interiori: quelli del dolore e della paura, quelli della nostalgia, dello stupore, della gioia e del desiderio. Non sono solo voci femminili, eppure hanno lo stesso abbandono, la stessa forza e dolcezza, perché cantano la vita, la bellezza, il dono di sé, il bisogno di camminare insieme. Del resto non dobbiamo cercare prove di forza, non ci è chiesto di arrivare prima o di dimostrare qualcosa. Ci è chiesta una cosa semplice e per questo forse tanto difficile: camminare insieme!
Certo, camminare insieme significa sintonizzare i passi, significa accorgersi che non c'è uno sguardo unico sulla realtà e che quasi mai quella che chiamiamo realtà è davvero reale. La realtà non è quello che si vede e si può controllare e piegare ai nostri pur legittimi calcoli; ciò che controlliamo e gestiamo come definitivo appartiene già al passato. La realtà è quello che sta avvenendo, che ancora non conosciamo e che possiamo intravedere; quello su cui investiamo, quello per cui facciamo scelte che ci impegniamo a onorare.
In queste pagine c'è molto di questo sguardo ulteriore, che appartiene all'animo umano, ma che l'animo femminile abita con maggior spontaneità e libertà.

«Vedo il mondo mutarsi lentamente in un deserto, odo sempre più forte l'avvicinarsi del rombo che ucciderà anche noi, partecipo al dolore di milioni di uomini, eppure quando guardo il cielo, penso che tutto volgerà nuovamente al bene, che anche questa spietata durezza cesserà, che ritorneranno l'ordine, la pace e la serenità». Anna Frank era giovanissima, scriveva queste riflessioni prima di morire nel campo di concentramento di Bergen-Belsen. Il suo sguardo innocente, cioè privo di avidità, di voglia di ipotecare il futuro e di interpretarlo alla luce di quanto era evidente, ha superato il tempo contingente. Le sue parole vanno al di là di ogni contestualizzazione, sono reali e non perché corrispondono a quello che si vede, ma perché corrispondono a quello che possiamo costruire, se ci crediamo.

È ancora una voce femminile, quella della poetessa italiana, Vittoria Aganoor Pompilj, citata nel libro – che canta la verità della vita, che non è quasi mai una verità razionale, ma non per questo meno necessaria: «Ogni deserto e ogni rupe fiorisce: levate la testa, e sorridete, io vengo per la festa meravigliosa, carica di sogni».

Auguri a tutte le donne, soprattutto alle piccole donne, perché il loro futuro sia carico di speranza e di vita.

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