Contro il Genocidio in Palestina e la fornitura di armi ad Israele, contro ogni economia di guerra, noi di Paoline vogliamo essere costruttrici e costruttori di ponti tra i popoli, artigiani di pace.
Esattamente un anno fa, noi Paoline abbiamo scelto di fare una nuova edizione di un libro appena uscito nelle librerie, Con loro come loro; un libro scritto a quattro mani dalla giornalista Angela Iantosca e da Gennaro Giudetti, un operatore umanitario; un libro le cui copie non avevano ancora avuto il tempo di arrivare neppure in mano ai librai. Non abbiamo fatto la nuova edizione per un errore di stampa, ma per una richiesta specifica: Gennaro da poco arrivato a Gaza per conto delle Nazioni Unite ci ha proposto di inserire un capitolo, e di farlo con urgenza; di farlo anche se il magazzino aveva ancora giacenze. Di farlo perché quello che i suoi occhi stavano vedendo in Palestina era qualcosa che andava ben oltre ogni immaginazione. Di farlo perché il mondo doveva sapere, perché qualcuno doveva raccontare.
«Gaza sta morendo», scrivevano un anno fa Angela e Gennaro. «Muore perché un medicinale manca. Muore perché bombardata dal cielo. Muore perché sparano dalla terra. Muore perché la colpiscono dal mare. Muore bersagliata dai cecchini. Muore di fame. Muore di sete. Di malattie e stenti. Muore con i soldi che l’occidente ha dato per quelle bombe e quelle armi. Muore per una colpa che non sa di avere e che le viene ricordata tutti i giorni da millenni. Muoiono i suoi abitanti. Ma mentre muoiono resistono. Lo fanno da decenni».
Gaza sta morendo, scrivevamo un anno fa.
Gaza, i suoi bambini, le sue donne, il suo futuro, sta morendo ancora oggi. Ogni colpo inferto a un essere umano, soprattutto se inerme e indifeso, è un colpo inferto alla pace, un crimine commesso contro l’umanità.
Oggi, anche noi Paoline – proprio in forza di quel comandamento («Amatevi!») che è risuonato per la prima volta proprio in quelle terre sante e dà senso al nostro stesso essere un’editrice – non possiamo non unire la nostra voce alla voce di migliaia, di milioni di donne e uomini che con grande determinazione stanno chiedendo, implorando pace per la Palestina.
Ci uniamo e facciamo nostro l’invito di Mons. Domenico Battaglia, arcivescovo di Napoli, risuonato già da qualche giorno.
«Ascolta, Israele: non ti parlo da avversario, ma da fratello nell’umano. Ti chiamo col nome con cui la Scrittura convoca il cuore all’essenziale: “Ascolta”. Cessa di versare sangue palestinese.
Cessino gli assedi che tolgono pane e acqua; cessino i colpi che sbriciolano case e infanzie; cessino le rappresaglie che scambiano la sicurezza con lo schiacciamento, cessi l’invasione che soffoca ogni speranza di pace. So il peso del tuo lutto, le ferite che porti nella carne e nella coscienza. Ma oggi, Israele, fermati. Apri i valichi, lascia passare cure e pane, sospendi il fuoco che non distingue e moltiplica gli orfani. Israele, non ti chiedo debolezza: ti chiedo grandezza. La grandezza di chi arresta la propria forza quando la forza profana la giustizia; di chi riconosce che l’unica vittoria che salva è quella sulla vendetta».
A 80 dall’apertura di quei cancelli ad Auschwitz, a 80 anni dal giorno in cui l’umanità si è scoperta cieca e colpevole, capace di concepire inauditi abissi…
A 80 da quelle bombe su Hiroshima e Nagasaki, a 80 anni dal giorno in cui l’umanità ha imparato che la vendetta non costruisce ma annienta anche chi la progetta…
Israele, oggi, permetti a Gerusalemme di ritornare a essere la città della pace, la casa dei popoli, la terra in cui non si forgiano più lance ma falci.
In nome del nostro comune padre Abramo, Israele spezza l’arco della guerra e ritorna a desiderare e annunciare pace, shalom, salam!