In dieci anni ha pubblicato sei album. Le sue melodie e il suo modo di approcciare i testi liturgici e biblici piacciono molto ai giovani. Senso del ritmo innato, grande passione... Pasquale Dargenio è ormai un nome conosciuto e apprezzato nel panorama liturgico musicale.
Classe 1978, un metro e 85 di simpatia e timidezza, pugliese – è nato e vive a Barletta –, Pasquale Dargenio ha iniziato a suonare all'età di 7 anni e non ha più smesso. Mamma casalinga, papà operaio in una cartiera, una sorella più piccola (oggi sposata e con due figli)... una famiglia tranquilla. Iniziamo l'intervista ascoltando Rallegriamoci in lui, uno dei suoi due canti presenti nella raccolta Sono Risorto e sono con te (Paoline 2018) per il Tempo di Pasqua:
Da dove è nato l'amore per la musica?
«In un certo senso dalla parrocchia, dove mi sono sempre trovato bene, fin da piccolo. Nella mia famiglia, infatti, nessuno è musicista. Andavo al catechismo e spesso facevamo lezione lavorando su dei canti. Il parroco aveva sempre tutte le ultime audiocassette delle Paoline e ce le lasciava ascoltare volentieri. Io, inoltre, ero sempre intorno all'organista: lo guardavo suonare, cantavo nel coro dei bambini... avevo una voce talmente acuta che venivo scambiato spesso per una bambina (ride, ndr). Ricordo le facce sbalordite di mamma e papà quando nel Natale del 1985 mi hanno finalmente regalato, dopo tante insistenze da parte mia, una tastiera giocattolo della Bontempi. Appena scartata, ho iniziato a suonare così, di getto, Tu scendi dalle stelle. Non conoscevo la musica ma, anche se ancora non lo sapevo, avevo un orecchio formidabile».
A 12 anni sei diventato organista della tua parrocchia...
«Come l'evangelista Giovanni che ricorda l'ora del suo incontro con Gesù, anch'io ho stampato nella mente quel momento. Era estate, faceva caldo, ma ero talmente esaltato e felice dell'incarico ottenuto che ricordo di essere arrivato a casa in bici in meno di cinque minuti... e pensare che abito parecchio lontano dalla parrocchia! Devo molto a don Domenico, il mio parroco. Non ero perfetto, ero giovanissimo e, non avendo fatto studi musicali, soprattutto all'inizio, qualche errore l'ho commesso, mettendolo anche in imbarazzo temo, ma non lo ha mai dato a vedere. Alla fine c'era sempre il suo sorriso e l'incoraggiamento ad andare avanti con fiducia».
Il tuo rapporto con la fede?
«Ottimo direi! La mia spiritualità è prettamente francescana. Fino ai 25 anni ero sempre ad Assisi, conoscevo bene sia i Conventuali che i Frati Minori. Ho partecipato non so più neppure io a quanti campi scuola, campi vocazionali, marce... un'occasione per respirare la Chiesa anche al di fuori della mia parrocchia, conoscere giovani come me di ogni parte d'Italia e, soprattutto, cercare la mia strada. Sì, perché mi sono chiesto spesso se avessi la vocazione al sacerdozio, e ho anche trascorso alcuni anni in seminario. Non era quella la mia strada, ma niente avviene per caso e, dopo il biennio filosofico, ho deciso di terminare gli studi di Teologia e questo mi è servito e mi serve molto, soprattutto adesso».
La musica, in questi anni di ricerca della tua vocazione, che fine ha fatto?
«Non se ne è mai andata. Dalla nomina come organista credo di aver suonato ininterrottamente a non so più quante Messe domenicali, Novene, matrimoni, funerali, battesimi e ordinazioni della mia città. Nel frattempo dirigevo il coro della parrocchia, collaboravo con la Commissione di Musica Sacra in Diocesi ed ho finalmente iniziato a studiare musica più seriamente: solfeggio, armonia, dettato, etc. con un mio amico che insegna al Conservatorio di Trieste. Mi ricordo che un giorno mi disse: "Ma cosa sei venuto a fare? Sai già tutto!" (ride, ndr)».
Quando hai iniziato a comporre?
«A dir la verità non avevo mai pensato alla cosa ma le "Dio-incidenze", come piace chiamare a me le coincidenze, portano sempre su strade nuove. Ho conosciuto Giosy Cento dopo un suo concerto nella Basilica del S. Sepolcro (di cui adesso tra l'altro sono organista e direttore di coro... a proposito di Dio-incidenze). Mi sono presentato e gli ho detto: "Don Giosy, io voglio fare quello che fai tu!". È stato gentilissimo e mi ha messo in contatto con l'Associazione Nazionale Artisti Cristiani "Il mio Dio canta giovane", in cui qualche anno dopo sono stato eletto Responsabile regionale per la Puglia. Il Presidente era don Matteo Zambuto. Lo conoscevo dalle cassette, era stato la colonna sonora di molti miei campi scuola... non riuscivo a crederci.
All'interno dell'Associazione sono entrato in contatto con molti artisti cristiani come don Paolo Auricchio, Gregorio Puccio, sr Cristina Damonte... e qui arrivano finalmente le Paoline in carne ed ossa, dato che sr Cristina, all'epoca, era nella redazione musicale della vostra casa editrice. In molti mi chiedevano di provare a comporre qualcosa e, anche spronato dall'interesse della vostra consorella per un eventuale lavoro liturgico assieme, timidamente ho iniziato a buttare giù qualcosa. Sr Cristina è entrata poi in un monastero di clausura e io mi sono ritrovato da solo a finire quella che doveva essere una Messa per il Tempo Ordinario. Adesso posso dire che avevo avuto delle belle intuizioni, ma che il tutto era poco fruibile, non molto liturgico, "sporco" per così dire. Senza farlo valutare a nessuno dei miei amici lo inviai alla vostra redazione musicale e, dopo qualche mese, il mio progetto venne inappellabilmente bocciato. Beh, ci avevo provato! (ride sonoramente, ndr)».
Come è avvenuta allora la svolta?
«Qualche anno dopo mi sono ritrovato a Loreto, ospite dei Padri Scalabriniani. A pranzo con loro c'era Francesco Buttazzo, appena rientrato dal Brasile. Parliamo del più e del meno e alla fine trovo il coraggio di lasciargli la mia Messa non pubblicata. Incredibile ma vero, dopo qualche settimana mi richiama. Aveva ascoltato il mio lavoro e, sostanzialmente gli era piaciuto, solo che aveva bisogno di essere "ripulito"... insomma, mi chiese se volevo lavorare con lui. Ovviamente accettai al volo e, dopo un anno, è nata la Messa di Pasqua Esulta il cielo. Per la cronaca, alcune melodie e testi della mia prima Messa hanno trovato posto, ripuliti e corretti, nel nuovo lavoro, questa volta, manco a dirlo, accettato e pubblicato. Finalmente lavoravo per la casa editrice dei miei sogni di bambino... è stato, ed è ancora, un traguardo inaspettato e pazzesco».
Hai appena pubblicato il tuo sesto CD in 10 anni. È cambiato qualcosa nella tua vita in questo tempo?
«No, sono quello di prima. Gli studi teologici però mi hanno aiutato ad entrare meglio nella spiritualità dei testi liturgici, sono maturato. Pubblicare con le Paoline mi ha fatto conoscere ad un vasto pubblico e adesso mi chiamano a fare corsi di formazione ad altri, sento la responsabilità di quello che sono, faccio e dico. Non avete idea dello strano effetto che ancora mi fa vedere, sul nuovo CD pubblicato, il mio nome prima di quello di Daniele Ricci!».
A proposito del nuovo CD. Cosa ti viene in mente su Fabio Baggio, Francesco Buttazzo e Daniele Ricci, autori come te di questa nuova raccolta di canti per il Tempo di Pasqua?
«Pensando a Fabio Baggio direi Ero forestiero.... Non l'ho mai incontrato di persona ma posso dire di aver cantato non so quante volte Credo in te, Amore fragile, Hey amico.. Davvero un bel lavoro! Con Padre Francesco (Buttazzo ndr) ho scritto due album, e se non fosse stato per lui, certo non sarei qua. È stato il mio mentore, mi ha chiamato perché lavorassi con lui e mi ha dato fiducia. Non capita tutti i giorni. Di Daniele Ricci poi, che dire? Se dico che lo adoro basta? Lo conosco dai tempi di La grande storia... Sa scrivere, ha una genialità pazzesca che riesce a trasportarmi in una dimensione di preghiera come nessun altro. Con lui davvero io prego cantando. Nel suo musical Il sogno di una donna si trova il canto Quale via: le parole e la musica mi hanno accompagnato nel mio periodo di ricerca vocazionale in seminario, facendomi piangere non so quante volte...»
Un sogno nel cassetto? Qualcosa da realizzare in futuro?
«Non penso mai troppo al futuro, sono fatto così, ma come dice Baglioni, "l'ispirazione esiste, però ti deve trovare al lavoro" e io, in questo momento, sto lavorando ad un progetto musicale sulla Quaresima. Ho coinvolto anche don Matteo (Zambuto ndr), con il quale ho già lavorato in Rallegratevi. Qualche altro progetto è ovvio che ce l'ho, ma niente ancora di definito. Vedremo».
Non si sbilancia Pasquale, si passa una mano sulla testa e sorride. È sereno e, per il momento, felice del suo lavoro e di come stanno andando le cose. Vorrebbe anche mettere a frutto i suoi studi teologici insegnando Religione nelle scuole. Chissà... intanto, dietro quella sua aria da gigante buono si cela un ormai "splendido quarantenne", per dirla alla Nanni Moretti, ma con lo spirito, la fede e il ritmo innato di un adolescente.