Sono trascorsi settant'anni dall'esplosione della A-Bomb su Hiroshima (6 agosto 1945) e su Nagasaki (9 agosto 1945). Il mondo ricorderà questa prima apocalisse atomica i cui risultati sono e resteranno un macigno: 140.000 morti; 350.000 feriti; il Giappone si arrese agli USA (10 agosto 1945); "la guerra era finita; l'era atomica era iniziata".
Le Paoline pubblicano il volume di Paul Glynn, Pace su Nagasaki. Il medico che guariva i cuori, perché, attraverso la conoscenza e le parole del protagonista, Takashi Nagai (1908-1951), sopravvissuto alla bomba atomica, mentre la leucemia gli divorava il corpo, si possa ricordare...
Conoscere, innanzi tutto, l'insegnamento di Nagai sul problema cruciale dell'uso dell'atomica, a fronte dell'olocausto di tutte le vittime innocenti di Nagasaki [incluse ovviamente anche quelle di di Hiroshima]. È un insegnamento autorevole e importante perché documentato e testimoniato con la vita. Merita divenire percorso di riflessione, [è la nostra utopia], a ogni livello della scala sociale, a partire dalla formulazione del problema da lui proposta: «L'energia atomica è un segreto che Dio ha posto nell'universo. Gli scienziati hanno voluto conoscere la chiave di questo segreto. Sarà per un meraviglioso sviluppo della civiltà o per la totale distruzione della Terra? L'energia atomica è la chiave del progresso o della distruzione? Penso che l'unica guida per usarla stia nella sapienza della vera religione. Perché?». Nel volume citato se ne coglie il senso profondo in ogni pagina.
Nagai, giapponese autentico, discendente di samurai, amante dei classici orientali e vicinissimo a Pascal. Con lui «si è sentito un cuor solo per l'amore alla scienza e alla letteratura, ma soprattutto per l'amore alla preghiera». Molto opportunamente Paul Glynn annota: il Salmo 36 parla per loro: «Nella tua luce noi vediamo la luce».
... Convertito "doc". Abbraccia il cristianesimo dopo un lungo e travagliato cammino interiore, parallelo al suo percorso accademico e servizio miliare nella guerra contro la Cina. Determinanti, nell'itinerario di conoscenza del cristianesimo, sono state la lettura dei Pensieri di Pascal, la morte della madre, la vita vissuta nella fervente comunità cristiana di Nagasaki accanto a Midori, suo grande amore e madre dei suoi figli, vittima dell'esplosione della bomba atomica su Nagasaki. Davvero una concentrazione di dolore la vita di Nagai, sotto ogni profilo umano, spirituale, professionale, fisico e affettivo. Ma sempre, e nonostante tutto, comunicatore positivo: uomo di dialogo e riconciliante, che non ha odiato nessuno e che non ha saputo cedere al pessimismo di fronte alle sorti belliche del suo amato Paese e alla morte e povertà dilaganti nel mondo. Un Giobbe biblico del ventesimo secolo, che, pur provato nel corpo e negli affetti, non distoglie mai lo sguardo da Gesù Cristo, da lui accolto come fondamento e centro della sua vita e dell'esistenza umana. «Soltanto in Cristo – come si legge nei Pensieri di Pascal e che Nagai ha fatto suo – si può risolvere il paradosso della grandezza e della miseria dell'uomo»; soltanto in Cristo si può scoprire il volto misericordioso di Dio e si può continuare a credere che Dio ci ama anche nelle tragedie umane inspiegabili». Questo è quanto egli lascia, come eredità preziosa, ai suoi bambini, come si può leggere nella lettera scritta e indirizzata a loro prima di morire. Non ricchezze accumulate e beni materiali, se si esclude una piccolissima capanna monolocale chiamata Nyokodo, ma valori, beni spirituali, morali, culturali. Ai figli ripete: «Essere poveri di spirito e puri di cuore non vi procurerà forse molti soldi, ma vi darà qualche cosa di molto più prezioso: la pace del cuore».
Si è fatto medico per salvare vite umane "tanto cinesi quanto giapponesi", ricchi e poveri, dotti e ignoranti. Medico radiologo, studioso pioniere dei raggi X per debellare la tubercolosi. Tredici anni dedicati alla radiologia «con un apparecchio che non aveva alcuna protezione contro i raggi X». Tredici anni in cui sperimenta che la vita dei pazienti è sì nelle mani del medico ma che, soprattutto, ogni vita è nelle mani di Dio. «Il medico dovrebbe sentire nel proprio corpo e nel proprio spirito ciò che il malato soffre nel corpo e nello spirito». Da qui l'insegnamento che «le parole del Discorso della montagna "Beati quelli che piangono..." devono essere prese alla lettera dai medici».
Per chi crede nel Vangelo – secondo Nagai – l'unico, "estremo" modo di guardare a quella tragedia è di vedere la bomba atomica come parte della provvidenza di Dio, che è sempre capace di trarre il bene dal male. Pur sapendo di sconcertare e irritare i presenti – nel discorso durante la celebrazione di suffragio per le vittime di Nagasaki - Nagai invita tutti a «offrire i loro cari, morti nell'esplosione atomica, come hansai, [ossia] come sacrificio perfetto, il sacrificio consumato dal fuoco».
Per Nagai era la cosa giusta da fare per «la pace del cuore che seguiva tale accettazione». Scrive Paul Glynn: «Nagai era diventato uomo della parola di Dio, poiché giudicava le grandi vicende della storia secondo le parole della Scrittura. Concluse che l'idea dell'hansai era autentica perché aveva portato a lui e a molti altri "i frutti dello Spirito Santo"».
Il medico Nagai, docente universitario e scrittore, narra, fino all'ultimo respiro, della tragedia seguita all'esplosione dell'atomica, con lucidità scientifica e in un linguaggio accessibile a tutti, e con la luce e la forza della fede in Gesù Cristo perché ci sia pace. "Heiwa-wo", dice in giapponese, «Sia la pace»: una delle sue ultime invocazioni in punto di morte.
La "pace del cuore" e l'anelito alla pace presente nel cuore dei cittadini spingono Nagai a parlare della pace nel mondo come "una meta nobilissima, ma ardua". A riguardo scrive: «C'è un enorme bisogno di movimenti che si adoperino per la pace, ma devono essere composti da gente il cui cuore è in pace... da gente dedita alla pratica della giustizia, della pazienza e dell'amore, animata da un impegno che includa sacrificio personale e conversione del cuore. Perché senza tutto questo non possiamo elevarci sopra l'egocentrismo che è il vero nemico della pace»
In estrema sintesi: ricordare la vita di Nagai come inno alla pace; preghiera elevata a Dio perché la guerra e specialmente la guerra nucleare fosse totalmente messa al bando; vita trasformata in poesia nelle situazioni tutt'altro che poetiche in cui è vissuto, perché, come egli stesso scrive: «se davvero lo vogliamo, possiamo fare di qualsiasi occupazione un'unica splendida poesia. Naturalmente dobbiamo prima crearci un cuore che sia capace di essere insieme serio e lieto».