La pastorale e il mondo dei giovani di oggi

Come educatore mi rendo conto che prima di occuparmi dei ragazzi occorre rendere sempre meglio adeguata la mia opera, piuttosto che «piegare loro a me», essere io a «piegarmi ai loro piedi», valorizzando tutta la bellezza che possiedono, usando grande misericordia e pazienza con quanto trovo mancante, annunciando a tutti che c'è una via nuova e possibile di essere felici, una via che il mondo non conosce e non insegna, ma che il fidarci di Dio ci dona.

Tanti parlano dei giovani, gli esperti compaiono a ogni angolo delle diverse strade percorse dagli adolescenti, non tutti lo fanno correttamente. Quando mi viene chiesto di dire qualcosa riguardo le giovani generazioni, subito non penso di parlarne o di scriverne, ma di voler bene ai ragazzi: la sorgente è quella e mi aiuta tanto, a differenza di altri profeti di sventura, dall'astenermi nel giudicarli; preferendo impegnare le mie forze nel cercare di capirli. Non può esistere pastorale giovanile, o altra disciplina che tratti dell'educazione dei giovani, che prescinda da un impegno di conoscenza reale e amante del mondo degli adolescenti. Risulta quindi non sensato un approccio fatto di «sapienti» che si definiscono tali solo perché hanno studiato sui libri. Sicuramente serve anche, ma così si approfondisce il passato e non il presente. Non serve neppure l'atteggiamento di coloro che si basano unicamente sulla propria esperienza da giovani, senza che la vita dei ragazzi di oggi li tocchi più di tanto.

Serve un rinnovamento nella pastorale!

Già serve, così come nelle altre scienze che si occupano dell'educazione, per mettere al centro cosa significa essere giovane, non in generale, ma in un certo tempo e luogo. Alcuni hanno fatto proprio questo modello e si sono mossi in questa direzione, penso a tutto il bene e al lavoro fatto da don Riccardo Tonelli per quanto riguarda l'ambito pastorale e al prof. Guastavo Pietropolli Charmet per la psicoanalisi e più in generale per il mondo delle scienze umane. Tanti operatori condividono spesso la fatica dello stare accanto ai ragazzi: occorre che essa sia vissuta, come fa Dio, anche nell'impegno a decifrare le costanti e le variabili culturali di oggi e come esse influenzino il cammino di sviluppo e di maturità della persona nella sua globalità. Credo allora necessario abbandonare il nostro desiderio di onnipotenza, che ci rinchiude nella tranquillità di sapere e poter sempre dire qualcosa sui giovani. Mi capita spesso di incontrare ragazzi delusi dai propri adulti di riferimento e, spesso, nella ricerca di un compagno di viaggio più grande si scontrano con riferimenti incapaci di dare un nutrimento ricco di speranza e fiducia. Da adulto capisco la fatica che spesso si fa, ma non possiamo permetterci di ignorare i suggerimenti e le attese che i giovani ci consegnano, semplicemente perché non li capiamo o non rientrano nei nostri modi di fare.

Accanto ai giovani non teorie, ma una persona

Per noi educatori alla fede, non è la nostra comodità il criterio di discernimento, ma l'agire di Gesù e il suo messaggio. Qui si gioca la seconda novità determinante: accanto all'attenzione al giovane di questo tempo e luogo, non ci sta una teoria, ma una persona, Gesù. Ho letto tanti contributi che parlavano dei giovani da diversi punti di vista, mi è dispiaciuto confrontarmi con alcuni intenti a quest'opera rimanendo chiusi al profumo o alla puzza portata dalla vita vera, quasi come se questo fosse per loro di disturbo. Per me è sempre stato l'opposto, proprio l'accogliere il disturbo o il piacere della strada e della vita, mi hanno permesso di diventare quello che sono. Se guardo avanti, la mia speranza è per un mondo adulto capace di lasciare le sicurezze e le abitudini del passato e occuparsi delle questioni che agitano, muovono, interrogano, i giovani di oggi. Insieme a questo cercare di abbandonare i falsi problemi per concentrarci su quelli veri. Un genitore mi diceva: «Don, il nostro oratorio non è più pieno come una volta, bisogna tornare a riempirlo». Un educatore: «Don, i giovani non vengono a Messa, devi dire loro di venire perché è importante...». Io voglio bene all'oratorio e alla Messa, sono cose fondamentali, ma forse siamo distratti dal falso problema del riempire gli oratori e la chiesa, così non ci concentriamo sul perché accade questo e nel cosa ci sta sotto.

Credo che occorra allargare, non restringere l'orizzonte della pastorale; a volte viene la tentazione del preservarsi e di tenersi stretti quelli che ci sono, dimenticandoci che Dio è per tutti e che occorre rimettere al centro i tanti e troppi giovani che non sanno come orientare la propria vita.
Qui sta la sfida, forse qualcuno la definirebbe solo un bel sogno, ma credo occorra anche saper sognare per sperare guardando al futuro.

Restano poi tante domande aperte che per noi educatori diventano vere e proprie sfide: noi educatori, chi siamo e chi dovremmo essere? Come agire di fronte a temi educativi rilevanti? Cosa ci chiede il quotidiano? Su questo ho provato, da educatore appassionato, a mettermi in gioco e ciò che vi propongo è un confronto a partire dalle pagine di Adolescenti e Vangelo. Una ricerca di alleanza (Paoline 2015).

Intervista a don Paolo Tondelli autore del libro

Vedi e ascolta anche:
la testimonianza di Alessandro, uno dei giovani pratagonisti del libro
la testimonianza di Emiliano, uno dei genitori protagonista nel libro

Paolo Tondelli. Sacerdote della diocesi di Reggio Emilia - Guastalla, svolge il suo ministero pastorale come vicario parrocchiale a Novellara, dove si occupa in modo particolare dell'oratorio e dei giovani; inoltre coordina la pastorale degli oratori del suo vicariato. È redattore di un blog dal titolo « Giovani, fede e altro. Riflessione a voce alta riguardo l'ambito dell'educazione alla fede delle nuove generazioni » che tratta tematiche legate all'educazione.


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