La chiesa, per i bambini, è uno dei luoghi più sconosciuti. Spesso sono in oratorio (almeno i più fortunati) o nelle sale parrocchiali per il catechismo, ma cosa succede quando si entra in chiesa? Cosa fare? Cosa non fare? E poi perché tanti oggetti strani? Entriamo con loro in chiesa, aiutiamoli a vivere la «chiesa» da protagonisti... Inventiamoci un tour!
Tante volte ai catechisti ho proposto di organizzare un tour speciale, da vivere in chiesa, con i ragazzi del gruppo di catechesi. Spesso però, lo confesso, più che qualche suggerimento a parole o un input su una slide di power point non sono riuscita a fornire. Poi ho avuto tra le mani un piccolissimo libretto di don Andre Oldoni, Ciao Gesù, e mi sono detta: «Questo fa per noi!». Appena 30 paginette, agili, colorate e sintetiche, indicazioni precise, qualche preghiera da insegnare ai ragazzi e tra le mani un catechista può avere un prezioso strumento per dar vita al tour.
Semplice. Basta osservare, anche con superficialità, il comportamento di bambini e ragazzi in chiesa per capire che molti tra loro non hanno la più pallida idea di trovarsi in un luogo speciale. Spesso entrano correndo, perché in ritardo, e si siedono accanto ai propri amichetti, tra uno spintone e super occhiataccia della catechista. Se passano dalla chiesa alla sacrestia attraversano il presbiterio quasi totalmente ignari dell'eventuale presenza di un tabernacolo. Che dire poi di altare e ambone? Sull'ambone puoi appoggiare i foglietti per le letture o per le preghiere dei fedeli e sull'altare tutto quello che serve per la messa, libro dei canti compreso.
In realtà, la chiesa è piena di tante cose il cui senso vero è quasi totalmente sconosciuto ai ragazzi. L'altare, l'ambone, la porta, il tabernacolo, il cero pasquale, i banchi, le statue, il crocifisso... ma noi quanto tempo dedichiamo non solo a spiegare ma a far vivere i nostri ragazzi da protagonisti? Spesso diciamo loro che la chiesa è come la loro casa, ma di fatto la vedono frequentemente con le porte chiuse. Raccontiamo loro che Gesù li aspetta, ma poi quando entrano dove lo trovano? E cosa gli potrebbero dire? Come si prega quando si sta da soli perché la messa è finita o semplicemente in quel momento non c'è?
A noi sembrano banalità, ma il fatto che i ragazzi non riescano a viverle dovrebbe attivare la nostra creatività.
Il percorso proposto da don Andrea potrebbe essere una simpatica proposta.
Il nostro tour inizia da uno degli elementi più sottovalutati: la porta d'ingresso. Un tempo la attraversavano solo i battezzati, oggi è spalancata per tutti. È lì che si chiederà ai ragazzi di fermarsi un attimo, sulla soglia, per lasciare fuori il bagaglio inutile e ricordare a se stessi che superare quella porta significa entrare in contatto con Dio.
Da quel momento dieci saranno le possibili tappe, fisiche e interiori, da vivere con i ragazzi: l'ingresso, il segno di croce, l'acquasantiera, il tabernacolo, la panca, l'ambone, l'altare, Maria, il patrono, il saluto finale a Gesù. Per ogni tappa, il bambino potrà essere aiutato da alcuni suggerimenti, da piccole preghiere da recitare e potrà scoprire qual è il giusto e più corretto atteggiamento e postura fisica da assumere.
Tutti questi aspetti non devono mai essere considerati banali e noi per primi dovremmo iniziare a riprenderli in seria considerazione.
Ci sono delle volte in cui, sinceramente, mi «diverto» ad ascoltare quello che accade tra ragazzi e catechiste. E purtroppo non sbagliano i ragazzi quando con le loro battute ci spiazzano.
Un esempio per tutti. Un catechista investe di solito molto tempo, durante gli incontri di catechesi, soprattutto in prossimità della Prima Comunione, a spiegare quanto sia importante andare in chiesa perché lì c'è Gesù che ci aspetta. È attento a spiegare l'importanza della messa ecc... ma poi di fatto il comportamento su campo non procede di pari passo. Spesso e volentieri i catechisti in chiesa parlano ad alta voce in chiesa come i ragazzi, come la gente, come il coro. L'altare è importante, ma quando gli si passa davanti è come se si passasse vicino al tavolo di casa. E poi cosa dire delle volte in cui si preparano i gesti particolari in celebrazioni speciali? Gli adulti sono distratti dalle mille preoccupazioni. E la postura? Inginocchiarsi è ancora di moda per qualcuno o sono più comode le gambe accavallate? Che dire... i bambini, sempre decisamente logici, agiscono di conseguenza.
Occorre allora cambiare stile! Perché la prima forma di comunicazione immediata sta proprio nella coerenza tra parole e gesti, tra comunicazione verbale e non verbale, tra quello che diciamo e il nostro modo di vivere la relazione con Dio.
Personalmente credo che lo spillato proposto da don Andrea Oldoni, Ciao Gesù. I bambini pregano in chiesa (Paoline 2015) potrebbe aiutare molti catechisti, ma anche nonni e genitori a far scoprire e vivere la chiesa e il tesoro prezioso che essa custodisce, Dio.