Cosa significa incontrare la Parola e farsi incontrare? E poi... è davvero possibile? La Parola è viva ed efficace, capace di entrare in noi, nel più profondo di noi stessi e incontrarci lì dove nessuno potrebbe farlo. La Parola, Gesù, ci legge dentro e scruta l'infinita bellezza e umanità che custodiamo.
Per molti anni la mia preghiera è stata arida, mi stancavo e non trovavo gusto.
Quando però nel 2007 mio padre si è ammalato, mi sono trovato davanti a un bivio: o smettere di credere nella presenza di Dio nella mia vita o cercarlo nella notte. La preghiera è diventata così una lotta, un'accusa feroce. Eppure pian piano qualcosa si è cominciato a sciogliere dentro il cuore: la mia vita era coinvolta, impastata, dentro la preghiera. A partire da quella esperienza difficile, mi sono accorto che lo sforzo di capire il testo andava bene nel tempo dello studio, ma, senza metterlo da parte, quel tentativo di capire doveva solo preparare la stanza in cui accogliere il Signore. Poi c'era la mia vita nella sua concretezza, quella vita che il Vangelo mi aiutava a rileggere.
Nasce cioè dal desiderio di condividere con altri questa possibile via per incontrare la Parola di Dio, lasciandosi leggere.
Durante il mio ministero a Padova, ho cominciato a pregare in questo modo per preparare le omelie domenicali. Con mia sorpresa, le persone cominciavano a dirmi che si riconoscevano in quella Parola condivisa. Ho capito allora che la Parola ci fa sempre da specchio: è lì, e se vuoi, puoi metterti davanti a quello specchio e lasciarti guardare. La cosa sorprendente è che si tratta sempre di uno sguardo di misericordia e mai di giudizio. Per questo, sia al termine delle omelie sia alla fine dei capitoli di questo libro, lascio sempre qualche domanda che può vincere le ultime resistenze a riconoscere quello che sta avvenendo dentro di noi. Per me è chiaro: non esiste una spiritualità disincarnata!
La Parola illumina le nostre dinamiche umane, ed è questo incontro a costituire l'esperienza spirituale. Nella preghiera o siamo coinvolti con tutta la nostra vita o non si dà affatto preghiera, ma solo ragionamento o spettacolo con noi stessi. Sì, è possibile leggersi dentro, con amore e senza sensi di colpa, se manteniamo fisso lo sguardo su Gesù, che è la Parola.
Ho deciso di cominciare dal Vangelo di Matteo innanzitutto per un motivo ecclesiale: nel prossimo anno liturgico, l'anno A, leggeremo questo Vangelo nell'eucaristia domenicale. In questo modo il libro potrà accompagnare i fedeli, ma anche i gruppi e le comunità, che desiderano prepararsi alla liturgia, ma spero possa essere anche uno strumento utile per coloro che sono chiamati a preparare le omelie.
Il Vangelo di Matteo ha un forte sapore ecclesiale: come ha scritto Aldo Martin nella prefazione del libro, la comunità a cui Matteo si rivolge è una comunità carismatica, con molti doni, una comunità dove però probabilmente si faceva fatica a mettersi al servizio. Si tratta di una comunità attraversata da molte tensioni, una comunità che si trova al confine tra mondi diversi (quello giudaico e quello ellenistico) con la duplice presenza di credenti e pagani), una comunità che si interroga sull'opportunità di conservare il privilegio dell'incontro con Cristo o di portare l'annuncio fino agli estremi confini del mondo. A ben guardare, si tratta di tensioni che ancora oggi, pur con modalità diverse, attraversano la comunità cristiana.
Il Vangelo di Matteo presenta poi Gesù come maestro. È un Gesù che parla molto: Matteo gli attribuisce cinque grandi discorsi. Mi piace questa figura di Gesù maestro, perché mi richiama per contrasto la fatica di trovare oggi dei maestri. Si parla molto dell'evaporazione del padre, ma l'assenza della figura del padre diventa inevitabilmente anche assenza della figura di maestri, di coloro cioè che hanno il compito di aiutare a rileggere gli eventi e i segni dei tempi. Trovo preziosa per il nostro tempo questa icona.
E infine, c'è un messaggio molto consolante nelle pagine di questo Vangelo: se all'inizio Gesù è chiamato Emmanuele, Dio con noi, alla fine del racconto ritroviamo proprio questa stessa parola. Il Risorto si rivela come Colui che è con noi tutti i giorni, fino alla fine del mondo. Tutto il racconto di Matteo sta dentro questa grande inclusione: la promessa di fedeltà da parte di Dio di restare con noi, sempre!
Nelle prime pagine del libro, ho riportato alcune indicazioni per aiutare a pregare sul testo. Sono indicazioni che mi vengono dalla spiritualità ignaziana, a cui appartengo come gesuita. Spero che nessuno le consideri una gabbia, sono un sostegno per accompagnare la preghiera di ciascuno. Ecco dunque ciò che importa: che ciascuno possa incontrare il Maestro, sapendo che tanti altri stanno facendo la stessa strada. Questa è la Chiesa.
Gaetano Piccolo (Napoli, 1973) è gesuita e insegna metafisica presso la Pontificia Università Gregoriana. Attraverso la sua personale esperienza spirituale (maturata anche con la lettura di sant'Agostino e un periodo di formazione in Sri Lanka) ha sviluppato un approccio alla Bibbia che prova a far emergere le dinamiche umane di ciascuno mediante l'incontro con la parola di Dio, affinché il cuore sia illuminato e guarito. Recentemente ha pubblicato Il processo di apprendimento in Agostino d'Ippona e Il predicatore intelligente.