Domande e racconti

Vie dell'interiorità

Noi abbiamo bisogno di parole per dire agli altri ciò che è più importante, ma abbiamo anche bisogno di ascoltare parole per vivere. C'è una forza, nel narrare, che ci aiuta a vedere e a capire cose di cui altrimenti non riusciremmo a renderci conto. Con le parole possiamo «dare un nome» alle cose, legare assieme i frammenti di un universo che altrimenti ci sembrerebbe disperso.

«Nell'universo infinito della letteratura s'aprono sempre altre vie da esplorare...». Lo scrive Italo Calvino nelle Lezioni americane, manifesto finale della sua scrittura. Con le parole, con i racconti, impariamo a vedere il mondo com'è o come potrebbe essere. È quello che accade quando la nostra immaginazione viene accesa. Per questo, il mondo non è per noi un puro deposito di cose, eterna ripetizione delle stagioni. È un intreccio di spazio e tempo in cui fermentano vite, amori, sogni, ideali... L'immaginazione ci muove, ci fa essere noi stessi e i racconti sono il suo linguaggio.

Un breve racconto di Kafka, Il cavaliere del secchio, narra di un uomo che esce in una notte d'inverno con un secchio vuoto, in cerca del carbone per la stufa. Kafka scrive nel 1917 e in quel tempo di guerra la scarsità di carbone per riscaldarsi era dolorosa e comune. Nella sua ricerca il secchio vuoto si fa sempre più leggero e lo solleva, diventa come un cavallo volante che lo porta sempre più in alto fino a perdersi. Il cavaliere è sollevato oltre le pesantezze e le angosce che lo circondavano. Sono tanti i pesi che ci portiamo addosso. C'è qualcosa che ci fa volare?

Accendere l'immaginazione

Il domenicano Timothy Radcliffe, teologo, scrittore e conferenziere dalla parola vivace, dice giustamente che la vera sfida per i cristiani, oggi, è accendere l'immaginazione dei propri contemporanei. Autorità e tradizione non bastano a condurre uomini e donne a intraprendere i passi di un cammino di fede, perché non attraggono, non scaldano il cuore, così come il linguaggio della sola dottrina e delle regole.

Gesù incontrava le persone sulle strade di Galilea e nei luoghi della convivenza facendo scattare la scintilla dell'immaginazione. Faceva intuire loro la possibilità di una vita nuova, rispetto a quella che conoscevano, in cui è possibile amare ed essere amati, condividere e non sottostare alla legge del più forte, avere speranza oltre il muro nero del dolore e della morte... Lo faceva con le parabole, che erano la sua poesia con cui insegnava a vedere il mondo di tutti i giorni con un altro sguardo, rivelandolo come un mondo abitato da un Padre. Lo faceva con i suoi gesti, i quali aprivano relazioni in cui le persone si alzavano, si liberavano, crescevano senza rimanere inchiodati ai propri limiti, ai propri peccati, alle proprie ferite.

Parole nuove a ritmo di vita

Per rendere ancora possibile questa esperienza ci vuole un'arte di vivere, ma prima ancora ci vuole un linguaggio che sia meno costruito con i concetti e parli con il ritmo della vita. Seguendo queste riflessioni, mi sono detto che per iniziare un discorso sulla fede il miglior punto di riferimento potevano essere proprio le Lezioni americane di Calvino che sanno trasmettere il potere dei racconti. Sono così andato alla ricerca di romanzi, miti delle grandi religioni, leggende, poesie che toccano punti profondi e sensibili della nostra condizione umana. Da questo punto di partenza sono arrivato ad alcune pagine del Vangelo e ad altri passi biblici, presentandole come parole buone che alimentano la nostra fatica, la nostra ricerca.
Ho trovato un filo conduttore: le domande.

Domande per vivere

Una vita senza domande è indegna di essere vissuta, non è neppure umana. Lo diceva già Platone. Le domande sono preziose, sono un contrassegno della nostra esistenza, perché sono il segno che non ci basta ciò che appare, ciò che vediamo immediatamente. Vogliamo vedere oltre, andare oltre. Vogliamo sapere chi siamo, dove andiamo, che cosa possiamo sperare. Rainer Maria Rilke scriveva a un giovane poeta di amare le sue domande, di vivere le sue domande. Domande che sono anche le nostre, quelle che ci poniamo su vita, amore e morte.

Ho pensato così di riprenderle e, attraverso i racconti, ho provato ad aprire delle strade: un invito a camminare. Niente di più, ma è già tanto. Non ho preteso di dare risposte, perché vanno trovate e ancor prima cercate. Ho solo provato a offrire parole buone che possano aiutare e incoraggiare.

Così è nato Cerco parole buone; il libro può essere usato per la riflessione personale o in gruppo da chi prova a scoprire (o riscoprire) l'interiorità e la possibilità della fede. Ci incontriamo lungo le nostre rotte, nel grande mare, a volte per brevi momenti; e la cosa più umana è scambiarci i nostri racconti e consigli di navigazione. Fino all'approdo... perché sia casa per tutti.

 


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