Per una cultura della cura e della protezione

Nuove sfide per la vita consacrata

Per sviluppare una cultura in cui l’abuso non sia mai tollerato, è necessario comprendere la natura dell’abuso stesso e i diversi modi in cui le persone possono essere abusate, non solo sessualmente, ma emotivamente, psicologicamente, fisicamente e spiritualmente. Il processo di evangelizzazione deve affrontare tali aspetti e le culture che offendono la dignità umana devono essere sfidate, rinnovate, convertite e cambiate. Ciò deve avvenire a ogni livello: famigliare, comunitario locale, istituzionale e sistemico.

In seguito all’incontro sulla protezione dei minori, tenutosi in Vaticano tra il 21 e il 24 febbraio 2019, in conversazione con le rappresentanti dell’Unione Internazionale delle Superiore Generali (UISG) e i rappresentanti dell’Unione dei Superiori Generali (USG) è emerso che la risposta complessiva alla crisi degli abusi era molto disomogenea all’interno delle congregazioni religiose.
Alcune avevano risposto in modo ben organizzato – in particolare quelle presenti in Paesi in cui il governo aveva dimostrato grande attenzione verso la questione degli abusi e della tutela. Queste avevano condiviso quanto appreso con tutte le loro province nel mondo. Tuttavia, era evidente che molte erano presenti in Paesi in cui vi era un’attenzione scarsa o nulla verso la questione della cura e della tutela. Pertanto, divenne ovvio che, alla luce dell’enfasi posta dal vertice vaticano sui valori di responsabilità, accountability e trasparenza, la UISG dovesse lavorare con le congregazioni femminili per rendere questi valori realmente operativi. […]

Per sviluppare una cultura in cui l’abuso non sia mai tollerato, è necessario aiutare le sorelle a comprendere la natura dell’abuso stesso e i diversi modi in cui le persone possono essere abusate, non solo sessualmente, ma emotivamente, psicologicamente, fisicamente e spiritualmente. Ovunque ci impegniamo nei diversi ministeri, dobbiamo assicurare che bambini, adulti vulnerabili o in situazioni di vulnerabilità si sentano sempre al sicuro. Abusi di qualsiasi tipo non dovrebbero mai accadere. Ciò richiede da parte dei leader delle congregazioni, a ogni livello, l’impegno a garantire che vengano stabiliti processi, procedure e strutture efficaci. […]

In un primo momento l’attenzione si è concentrata sugli abusi sessuali perpetrati principalmente da chierici e religiosi uomini, ma anche da religiose, uomini e donne laici in posizione di fiducia rispetto ai minori. Sempre più spesso, man mano che altri aspetti degli abusi sono venuti alla luce, le religiose hanno iniziato a impegnarsi nel tentativo di capire le diverse dimensioni dell’abuso. […]

Mentre di solito c’è consapevolezza tra i superiori generali, alcuni sono ancora inclini a sostenere che l’abuso non è un problema per noi nella nostra congregazione, nel nostro Paese o nella nostra parte del mondo. Non sono consci del fatto che spesso ci sono fattori culturali che impediscono a una persona di parlare. Anche il fattore tempo gioca un ruolo importante perché ci si è resi conto che può esserne necessario molto prima che una persona riesca ad aprirsi e a parlare ed è solo a distanza anche di anni che iniziano a emergere i casi. Si tratta di una sfida universale. Nostro dovere è creare un ambiente in cui coloro che sono stati abusati si sentano al sicuro nel riferire ciò che è accaduto loro perché saranno ascoltati e creduti.
Nelle nostre riflessioni con i superiori generali riconosciamo che dobbiamo curare le ferite delle persone – bambini, giovani adulti e persone in situazione di vulnerabilità – che sono state sfregiate dagli abusi. Le conseguenze dell’abuso – sessuale, fisico, psicologico o emotivo – possono durare una vita se non accompagniamo le vittime e facilitiamo il loro percorso verso la piena guarigione.
Queste dolorose esperienze ci portano a esaminare le nostre culture organizzative. Il carisma è centrale nella vita di ogni congregazione. Tuttavia, deve essere profondamente radicato e continuamente rinnovato nella vita congregazionale a livello personale e comunitario. Abbiamo imparato che anche i carismi che hanno portato doni e ispirazione alle nostre congregazioni avevano le loro ombre. La crisi degli abusi ci ha costretti a considerare aspetti oscuri delle nostre storie e culture per far sì che la luce della trasparenza impedisca che tornino a ripetersi. Il discernimento continuo ci consente di esaminare regolarmente se il nostro sistema organizzativo, la nostra struttura e la nostra prassi rispettino la dignità della persona umana nella nostra vita quotidiana e nel nostro ministero. Tale esame richiede onestà e volontà di individuare fallimenti e omissioni, di chiedere umilmente perdono e riconoscere dove c’è stata crescita e dove ci deve essere costante approfondimento. Tale processo consente un miglioramento continuo e fiorente.
La collaborazione tra religiosi e religiose nella Commissione per la cura e la protezione è un segno profetico per il mondo e la Chiesa. Dimostra l’impegno a cambiare la cultura delle congregazioni in modo che sia riconosciuta la dignità di ogni persona e sia mostrato rispetto a ciascuno, indipendentemente da età, situazione economica, etnia o religione. […]

La sfida che ci attende è convincere ogni leader congregazionale che il problema deve essere affrontato in ogni fase della formazione. E va affrontata anche la questione delle culture che privilegiano il ruolo degli uomini rispetto alle donne, soprattutto quando le donne e i bambini sono visti come beni e non come esseri umani che hanno il diritto di prosperare e vivere in contesti che sostengono e proteggono questi diritti fondamentali. Il processo di evangelizzazione deve affrontare tali aspetti e le culture che offendono la dignità umana devono essere sfidate, rinnovate, convertite e cambiate. Ciò deve avvenire a ogni livello: famigliare, comunitario locale, istituzionale e sistemico.
I più grandi doni che le religiose e i religiosi offrono sono una solida formazione teologica – radicata nella nostra passione per la Buona Novella di Gesù Cristo – e una spiritualità che si concentra sulla natura e sul profondo rispetto per la persona. Questi ministeri ci chiamano alla conversione, al riconoscimento delle nostre fragilità e della nostra peccaminosità. A noi religiosi viene chiesta anche una risposta profetica, in cui entriamo coraggiosamente negli ambiti della vita umana che devono essere cambiati e redenti. Papa Francesco ci esorta continuamente alla cultura dell’incontro. Ci chiede di aprire gli occhi e i cuori a coloro che hanno subito abusi di ogni tipo e di affrontare il dolore dei nostri fratelli e sorelle feriti nella carne e nello spirito. Nella sua lettera al popolo di Dio, il 20 agosto 2018, chiede che «la solidarietà, intesa nel suo significato più profondo ed esigente (…) diventi il nostro modo di fare la storia presente e futura». Egli invita tutti noi «ad impegnarci nella verità e nella carità con tutti gli uomini di buona volontà e con la società in generale per lottare contro qualsiasi tipo di abuso sessuale, di potere e di coscienza». Pertanto, nelle nostre istituzioni educative, sanitarie e di assistenza sociale, nonché nei nostri numerosi programmi e progetti, ovunque incontriamo coloro che sono profondamente feriti, possiamo offrire «una mano tesa per proteggerli e riscattarli dal loro dolore».
Patricia Murray, Introduzione, in Per una cultura della cura e della protezione, Paoline Editoriale Libri 2022, Milano, pp. 11-17.

Leggi un estratto del libro

 


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