Un caffè non è mai "solo" un caffè

Storie vere per essere autentici

Un caffè, una battuta spontanea o una chiacchierata mentre lo si beve possono davvero produrre risultati insperati? Don Marco D'Agostino, presbitero della diocesi di Cremona, formatore di giovani seminaristi e autore del libro "Un caffè con tanti baci" dice di sì. È possibile!

Un caffè non è mai solo un caffè, è un momento di relax, di condivisione, di scambi di idee, di valutazioni... che non sono destinate a cambiare la storia, ma rendono più sereno il lavoro perché, dice don Marco D'Agostino, seduti, rilassati, nella calma, sarà più facile incontrarsi come persone nella spontaneità che non ha bisogno di difendersi e sentire la reciprocità come gioia di esserci. Tutto questo non è frutto di una elaborazione intellettuale, ma sono esperienze raccontate dall'Autore in queste pagine che, tra l'altro, si leggono con piacere oltre che con coinvolgimento.

Una pausa caffè in una comunità di recupero per ragazze madri può trasformarsi in un battibaleno in una proposta spiazzante: Vuoi essere il mio papà? È in quella comunità che don Marco, quando sente il cuore pesante, va a prendersi... un caffè con tanti baci!
Ci sono altre situazioni, raccontate nel libro: c'è la capacità di resistere al dolore in nome della vita e del Padre che l'ha donata, anche se apparentemente meno fortunata e certamente molto più faticosa di altre; c'è la morte prematura che spazza via una vita che sta sbocciando; c'è la normale solidità dei sentimenti che rende possibile il dilatarsi dell'accoglienza... tutto intorno a un caffè! Ed è un giovane affetto da una gravissima malattia a invitare al bar sempre aperto della sua casa.

Il libro è una ideale comunicazione di un prete ad altri preti, eppure chi lo legge si fa coinvolgere, perché la condivisione di un caffè, anche se qualche volta amaro, fa bene a tutti.
Tra l'altro fa bene anche pensare che un prete sia disposto a lasciarsi provocare... da un caffè da condividere in famiglia, con gli amici, con altri preti, in casa di un malato, al bar; infatti non c'è situazione che non possa trasformarsi in luogo privilegiato dove incontrare donne e uomini che faticano, gioiscono, discutono e si accolgono reciprocamente, in nome dell'unico comune denominatore: persone che vivono la quotidianità. E, a ben pensarci, la quotidianità è l'unica occasione riservata a ciascuno di noi.

 


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