Amare più degli altri

Giovanni Paolo II e il mistero della sofferenza

L'allora cardinale Wojtyla, pensando al breve papato di Albino Luciani, durante una messa concelebrata in sua memoria, pronunciò una preghiera, che oggi ci appare profetica per quello che a breve sarebbe avvenuto: «Non possiamo non ritornare a quella prima chiamata, quella rivolta a Simone, al quale il nostro Signore diede il nome di "Pietro"».

Devi amare più degli altri

E Cristo domandò: "Mi ami tu più di costoro?". Era una richiesta così difficile, così esigente... La successione a Pietro, la chiamata al ministero pontificale contiene sempre al suo interno una chiamata all'amore che è in assoluto il più alto, un amore molto particolare. E sempre, quando Cristo dice a un uomo "Vieni, seguimi", gli chiede quello che ha chiesto a Simone: "Mi ami più di costoro?".

Ma un cuore umano non può che tremare... Un cuore umano deve tremare perché in quella domanda c'è anche una richiesta. Devi amare! Devi amare più degli altri, se l'intero gregge deve essere affidato a te, se l'incarico, "pasci i miei agnelli, pasci le mie pecorelle", deve raggiungere l'ampiezza che esso ha nella chiamata e nella missione di Pietro... E così, in questa chiamata rivolta da Cristo a Pietro dopo la risurrezione, l'intimazione: "Seguimi" ha un duplice significato. È un invito a servire e un invito a morire».


Il mistero del dolore

Nella morte e risurrezione del Redentore la sofferenza umana trova il suo significato più profondo e il suo valore salvifico. Tutto il peso di tribolazioni e dolori dell'umanità è condensato nel mistero di un Dio che, assumendo la nostra natura umana, si è annientato sino a farsi «peccato in nostro favore» (2Cor 5,21), fonte inesauribile per le generazioni sempre nuove che si avvicendano nella storia della Chiesa...

Egli si è caricato delle colpe d'ogni umana creatura e, nella solitudine dell'abbandono, ha gridato al Padre: «Perché mi hai abbandonato?» (Mt 27,46).
Dal paradosso della croce scaturisce la risposta ai nostri più inquietanti interrogativi.
Cristo soffre per noi: Egli prende su di sé la sofferenza di tutti e la redime.
Cristo soffre con noi, dandoci la possibilità di condividere con Lui i nostri patimenti.
Unita a quella di Cristo, l'umana sofferenza diventa mezzo di salvezza.

Ecco perché il credente può dire con san Paolo: «Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo quello che manca nella mia carne ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa» (Col 1,24). Il dolore, accolto con fede, diventa la porta per entrare nel mistero della sofferenza redentrice del Signore.

Una sofferenza che non toglie più la pace e la felicità, perché è illuminata dal fulgore della risurrezione.

Il mondo ha bisogno della verità che Cristo ha rivelato;
il mondo ha bisogno della salvezza che Cristo ha portato:
non c'è verità e non c'è salvezza eterna al di fuori di lui! ...

Da: Giovanni Paolo II. Il Papa che parlava alla gente, di Sabina Caligiani, Paoline.


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