Figlio del Concilio tra le mani di papa Francesco

Era dall'aprile del '68 che non mettevo piede in Vaticano. Allora Paolo VI accolse il centinaio di assistenti provinciali delle Acli con parole toccanti, invitandoci a rimanere sempre con le «classi lavoratrici», con «il mondo dei poveri». Ci chiamò «gli amici dell'umile popolo», di quelli che «hanno ancora fame e sete di giustizia». Il film di quell'incontro mi è tornato in mente, e anche la foto che mi ritrae vicino a papa Montini.

Sabato 23 maggio scorso, immerso nella folla di oltre 7000 persone, ho partecipato all'incontro delle Acli con papa Francesco per ricordare i 70 anni della fondazione delle Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani. Dopo due ore di attesa tra lo sventolio dei foulard bianchi con il logo delle Acli, la preghiera in comune, testimonianze di vita e letture di testi di Simone Weil, mons Oscar Romero, don Primo Mazzolari, brani musicali strumentali e cantati, i rintocchi delle campane annunciano le 12. L'assemblea comincia a vibrare. Tablet e telefonini sono pronti a scattare. Dalla nostra postazione riusciamo a vedere il suo ingresso fissando il monitor: è papa Francesco!

È festa grande

L'incedere è lento: chi è in prima fila sequestra per un attimo la sua mano, l'attenzione, il sorriso, una parola...
Arrivato sul palco, riceve il breve saluto del presidente nazionale delle Acli. Tutti sono in attesa della sua parola. Ribadisce messaggi espressi nella Evangelii Gaudium: il dio danaro, la cultura dello scarto, la dimensione strutturale delle disuguaglianze; questo come ciò che sta al centro del «sistema economico mondiale». Si sofferma sui problemi del lavoro, la cui mancanza ferisce mortalmente la dignità delle persone e mina la speranza di cui le giovani generazioni assolutamente necessitano. I giovani scartati dal lavoro «non sanno cosa fare e sono in pericolo di cadere nelle dipendenze, cadere nella malavita, o andarsene a cercare orizzonti di guerra come mercenari. Questo fa la mancanza di lavoro».

Il lavoro però è pure il terreno dove operano organizzazioni schiavistiche che sfruttano anche donne e bambini. Eppure non può e non deve essere strumento di alienazione e di oppressione, ma «di speranza e di vita nuova". Francesco indica alcune caratteristiche del lavoro umano: «creativo», «solidale», «partecipativo» secondo una «logica relazionale» dove «il volto dell'altro» non può essere ridotto a strumento.

Ha insistito sulla condizione di precarietà che da un momento all'altro può far precipitare nella povertà. «Basta un niente oggi per diventare poveri: la perdita del lavoro, una malattia in famiglia, persino – pensate il terribile paradosso – la nascita di un figlio: ti può portare tanti problemi, se sei senza lavoro». E allora «È una importante battaglia culturale quella di considerare il welfare una infrastruttura dello sviluppo e non un costo».

paoline fiorini figlio concilio libro 1Per finire Francesco ha raccomandato alle Acli l'impegno a favore dei giovani per l'inserimento nel mondo del lavoro e di «essere luoghi di accoglienza e di incontro» per chi non ha lavoro; di farsi promotrici di una «Alleanza nuova contro la povertà». Richiamando, infine le tre fedeltà storiche delle Acli: «la fedeltà ai lavoratori, alla democrazia e alla Chiesa» Francesco ne aggiunge una quarta. «La fedeltà ai poveri». Alla fine dell'incontro le Acli hanno fatto un dono simbolico al Papa: una casina realizzata da ragazzi disabili del centro Formazione e Lavoro ENAIP di Forlì-Cesena.

Nella busta del gruppo di Mantova è stato inserito anche il mio libro recentemente pubblicato con le Paoline: Figlio del Concilio. Una vita con i preti operai, con un piccolo messaggio:

«Caro Francesco, Paolo VI scriveva nel 1971: "La Chiesa ha inviato in missione apostolica dei preti" a condividere "integralmente la condizione operaia". In questo libro sono raccolti frammenti di questa storia vissuta nelle periferie del lavoro umano. Con la speranza che sia un dono gradito, colgo l'occasione per esprimere il mio sincero ringraziamento al Signore per aver potuto ascoltare e vedere un papa che ha osato chiamarsi Francesco».

Tornando a casa in treno, mi sono venute in mente le parole di un mio caro amico prete operaio: «Le cose che ora dice Francesco, noi le stiamo dicendo da decenni». Mi sono anche ricordato di quel brano dei Vangeli dove si parla degli apostoli che tornano dopo la missione e raccontano a Gesù «quello che avevano fatto e insegnato» (Mc 6,10). Nella mia mente una arco collega il lontano incontro con Paolo VI e la recente udienza di Francesco. In mezzo ci sta la mia vita vissuta alle prese con il lavoro che ho cercato di raccontare nella verità.

»»» Leggi anche l'articolo Una vita con preti operai

Don Roberto Fiorini. Ordinato sacerdote a Mantova nel 1963, è stato Assistente provinciale delle ACLI. Ha ricoperto l'incarico nella segreteria dei preti operai italiani e dal 1987 è responsabile della rivista Pretioperai. Con Paoline ha pubblicato il libro: Figlio del Concilio. Una vita con i preti operai.


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