La vita di don Fortunato Di Noto è un manifesto. «Giu le mani dai bambini» è da trent'anni il grido accorato e imperioso di questo parroco di periferia ad Avola, nel Siracusano, infaticabile cacciatore a livello planetario di abusanti di innocenti.
Non solo di predatori sessuali, ché dei bambini si può abusare in tanti modi, e ognuno talmente devastante da provocare ferite profondissime e permanenti. Al punto che, anche quando è diventato adulto, quel bambino impaurito e abusato rimane imprigionato e continua a piangere, a chiedere aiuto, ad aspettare qualcuno che lo liberi.
E tanti sono i bambini liberati da questo prete barbuto con le sembianze da lottatore.
Un manifesto, il suo, ribadito a gran voce nella nuova parrocchia di San Giovanni Battista, dove don Fortunato, dopo un quarto di secolo speso in periferia, si e insediato l'8 settembre 2019, giorno in cui il calendario cattolico festeggia la Natività di Maria.
«Ho molta, molta preoccupazione per questo clima delirante contro i piccoli, i deboli, i vulnerabili, i poveri, gli sfortunati della terra, i sofferenti, i senza voce. Gli scartati. La mia speranza è che io possa avere l'audacia della fede, il coraggio della testimonianza, la forza dello Spirito».
Un manifesto che è il cuore pulsante della sua creatura, l'associazione Meter, il cui logo e formato da una grande «M» disegnata dai bambini, che richiama il significato di grembo, accoglienza, protezione e l'abbraccio di chi ama i piccoli.
Un manifesto che raccoglie giovani e meno giovani, madri e padri di famiglia, tutti uniti sotto un'unica bandiera il cui motto condiviso e: «I bambini non si toccano». [...]
La rete ha ingigantito il fenomeno, creando un mercato della sofferenza dei bambini e perfino dei neonati. In ogni foto e in ogni video, che sembrano venir fuori da gallerie inimmaginabili dove l'orrore trascende la ragione e la stessa umanità, ci sono sempre più bambini abusati, privati della loro innocenza, torturati, uccisi. Non si tratta di finzione scenica, ma di realtà. Cruda, aberrante quanto si vuole, ma dannatamente concreta e fin troppo vicina per continuare a ignorarla. A fare finta di niente.
Crimini talmente orrendi che diventa difficile perfino scriverne e in qualche modo si riesce a comprendere perché in generale se ne parli poco, e solamente quando il clamore di vaste operazioni diventa notizia da sparare sui Tg e sui giornali.
Notizie che però esauriscono ben presto la loro portata di interesse. E il silenzio torna a calare su questi crimini che fanno paura. Orrori che non appartengono alla stragrande maggioranza degli esseri umani. Sarà forse anche per tale motivo che la gente comune ha poca voglia di vedere inondata da tali notizie la propria sfera di informazione giornaliera.
Ma quei bambini, quei neonati, non sono solamente notizie. Sono creature di sangue e carne e la loro innocenza violata viaggia nella rete. Un flusso continuo sotto gli occhi di chi vuol vedere. Foto e video a centinaia di migliaia, acquistati e condivisi da uomini e donne che si fa fatica a chiamare tali. Individui che con le loro perversioni alimentano un business con cifre da capogiro. Orchi e orchesse che muovono milioni e milioni di euro (e bitcoin, la criptovaluta elettronica), accumulati sull'innocenza sbranata di milioni di bambini.
I nostri bambini. [...]
«Ma succede anche di peggio: che i bambini diventino vittime due volte, del pedofilo e della società. Ricordo episodi in cui i bambini abusati sono stati allontanati, isolati, esiliati perché in qualche modo contaminati dal male. Esclusi dai giochi e dai parchi. Ridotti a isole recintate con filo spinato. Muri di esclusione sociale costruiti attorno a loro.
Il male ha anche questo effetto. Non risparmia nessuno.
Sarà questa la ragione per cui pochi denunciano e continuano a lavare i panni sporchi tra mura domestiche, magari gli stessi tuguri criminali dove si consuma il dolore silenzioso dell'innocenza. Ecco allora l'urgenza di accogliere chi bussa per essere salvato, accudito, guarito dalle profonde ferite di un abuso».
Parole come pietre, pronunciate da questo prete di frontiera che da sempre va in direzione ostinata e contraria, per citare De André.
Di certo ha proceduto in direzione ostile e irta di diffidenza, specie agli inizi del suo ergersi a baluardo dei bambini, superando anno dopo anno ostacoli su ostacoli, per innalzare un argine contro ogni forma di violenza perpetrata sui più piccoli. Inventandosi, un quarto di secolo fa, nella parrocchia di periferia della Madonna del Carmine, la Giornata Bambini Vittime della violenza, dello sfruttamento e dell'indifferenza contro la pedofilia. La prima manifestazione contro la pedofilia in Italia e all'estero, nata dalla sofferenza, dalle lacrime, dalla rabbia.
Nata per dare voce a chi voce non ha.
I partecipanti, che anno dopo anno sempre più numerosi si sono stretti attorno a don Di Noto, indossano maglietta e cappellini gialli. Si sono recati anche in piazza San Pietro per rispondere al saluto del Papa, che ha rivolto parole speciali all'associazione Meter.
Don Di Noto ha improntato la sua vita in difesa dei bambini facendo proprio l'insegnamento di un immortale fanciullo, il Piccolo Principe: «Tutti i grandi sono stati bambini una volta, ma pochi se ne ricordano».
Don Fortunato se ne ricorda, eccome.
Questa è la sua storia.
Il testo racconta la storia e l'attività di don Fortunato Di Noto, sacerdote siciliano, fondatore dell'associazione Meter, da molti anni in prima linea nella lotta alla pedofilia e alla pedopornofilia diffusa specialmente tramite Internet.