La luce di San Biagio

Suor Maria Pia Giudici

San Biagio è un piccolo eremo custodito dalla natura. Si trova su un fianco scosceso del Monte Taleo, nel Parco Naturale Regionale dei Monti Simbruini, a due passi dalla cittadina di Subiaco. Oltre ad essere un posto molto suggestivo, è un luogo di culto dalle origini antichissime: esisteva già quando san Benedetto da Norcia raggiunse Subiaco e divenne infatti uno dei primi cenobi benedettini al mondo.

Circa millecinquecento anni dopo, nel 1975, il piccolo monastero è stato “adottato” dalle Figlie di Maria Ausiliatrice che lo hanno letteralmente portato a nuova vita e, per circa mezzo secolo, la casa di preghiera ha legato il suo nome a quello di suor Maria Pia Giudici, vera e propria colonna spirituale di quel luogo.
Per tutta la sua esistenza suor Maria Pia ha promosso San Biagio come luogo di incontro e di meditazione, un posto in cui soprattutto i giovani potessero coltivare il proprio percorso spirituale. Era nata a Viggiù (Varese), il 30 settembre del 1922 e, proprio quest’anno, ricorrono i cento anni dalla sua nascita.

Come cerva sui monti

Nel libro Come cerva sui monti, di Graziella Curti, la Prefazione è affidata a Susanna Tamaro, che così racconta il suo incontro con la vecchia volpe della montagna, come amava definirsi suor Maria Pia:

Ho conosciuto suor Maria Pia nel 2004. Ricordo ancora la sua prima telefonata: era sera, avevo ancora il telefono fisso e risposi senza sapere chi era. Mi colpì subito la sua voce, a un tempo forte e limpida. Aveva avuto il mio numero dall’allora vescovo di Orvieto, padre Giovanni Scanavino, che conosceva suo nipote, il vescovo Giovanni Giudici. Mi disse che desiderava venire a trovarmi e io accettai subito la sua proposta.
Arrivò a casa mia accompagnata da due consorelle e ci fermammo a parlare all’ombra di un portico e, in quel primo incontro, accadde tutto quello che deve accadere tra due persone che vivono in una dimensione «altra» della vita. Dopo mezz’ora di conversazione era come se ci conoscessimo da una vita. Prima di ripartire, mi ricordo, volle fare una breve danza di ringraziamento.
Qualche mese dopo ho ricambiato la visita e, da quel momento in poi, quello spartano monastero sul monte Taleo, San Biagio, è diventato la mia seconda casa, e suor Maria Pia la complice dei miei processi creativi. Con lei mi confrontavo su ciò che avevo in mente di scrivere, sulle difficoltà che dovevo affrontare, ma parlavo anche durante le nostre frequentissime passeggiate nella natura.
Proprio camminando con lei era possibile accorgersi della totale assenza di rigidità del suo sentire, del suo essere costantemente aperta alle manifestazioni dell’Eterno, che si rivelavano anche solo nella luce che colpiva una foglia o nel giallo splendente di un tarassaco nascosto nel prato. Non c’era nessuna sovrastruttura nel pensare e nel sentire di suor Maria Pia, nessuna volontà di imbrigliare o costringere lo spirito in anguste strettoie. Ed era proprio questa assenza di costrizioni a renderla una persona estremamente forte, capace di discernere ogni momento ciò che è vero e importante da ciò che non lo è, e così aiutare le persone a far chiarezza al loro interno.
Insieme condividevamo la passione per gli animali e la certezza che, nelle loro esistenze apparentemente semplici, si celasse in realtà un grande mistero spirituale. Quando stava per compiere novant’anni, le chiesi: «Che cosa desideri per il tuo compleanno?». «Un cane», mi rispose. Così a San Biagio arrivò Gibi, un bastardino nero salvato da un orribile destino e che in tutti questi anni è stato la sua ombra e fedele compagno di passeggiate, insieme a suor Monica.
Credo che San Biagio sia il frutto della sua visione del mondo e del rapporto tra la fede e il mondo. Una fede che non ingabbia, che non rinchiude, che non dona false certezze, ma che rende le persone capaci di camminare con le proprie gambe nella vita senza farsi più intrappolare dalle tante false libertà che così generosamente ci vengono offerte in questo tempo.
Lo «spirito di San Biagio» è fatto di leggerezza, della capacità di gioire delle cose più piccole, di accogliere anche la più smarrita delle persone con l’attenzione di una famiglia improntata a un amore non giudicante, ma non per questo privo di fermezza.
Nella desolazione contemporanea, nella presenza di forze sempre più massicce e fintamente amicali, di forze astute che mirano a manipolare la persona offrendo paradisi e libertà fittizie, la luce di San Biagio brilla, e continuerà a brillare, come quella di un faro che nella notte indichi ai naviganti smarriti la direzione di un porto in cui trovare riparo.

Leggi un estratto del libro


Condividi

la-luce-di-san-biagio.html

Articoli correlati

Newsletter

Iscriviti alla newsletter per essere sempre aggiornato su iniziative e novità editoriali
Figlie di San Paolo © 2024 All Rights Reserved.
Powered by NOVA OPERA