Nawal

… e la solidarietà si fa storia

Nawal è un nome arabo che in italiano potremmo tradurre con «donata». E, di fatto, quella in cui stiamo per entrare, sfogliando ogni singola pagina, è la storia vera e concreta di un angelo donato: "l'angelo dei profughi" appunto. Così Daniele Biella, giornalista, ha definito Nawal Soufi, giovane donna di 28 anni, nel libro che le ha dedicato.

Nawal è un autentico dono per almeno tre nazioni: il Marocco dove ha le sue radici, l'Italia che l'ha accolta facendole condividere la propria cultura e la Siria che le deve la vita di migliaia di suoi figli.

Quasi per caso, perché neanche lei stessa lo avrebbe immaginato, si è ritrovata come anello provvidenziale al centro dell'operazione Mare Nostrum, ma anche per vocazione, perché Nawal Soufi l'amore per il prossimo, il senso della giustizia, l'ideale della pace li ha sempre avuti nel sangue, sin da piccola. Dinamica e determinata, quella che ora è una studentessa universitaria di scienze politiche, mediatrice culturale e traduttrice, si impegnava sin da adolescente nelle manifestazioni pacifiste e si faceva in quattro per chi era nel bisogno. Quando nel 2011, sulla scia delle primavere arabe, esplode la guerra in Siria, Nawal è in contatto via Skype con giovani siriani, suoi amici, con cui condivide sogni di libertà, pace, progresso. Le informazioni che raccoglie sui massacri iniziati, l'uso di armi chimiche, la barbarie di cui si macchiano alternativamente forze governative e gruppi fondamentalisti, ai danni di una popolazione terrorizzata e impotente, non possono lasciarla rassegnata. Così comincia a far da tramite per la stampa, a informare l'opinione pubblica di quanto sta accadendo al di là del mare, a scuotere l'apatia di un occidente troppo spesso sordo e cieco, tutto ripiegato com'è sulla propria quotidianità.

E poi la prima telefonata...

Nel marzo del 2013 va ad Aleppo con un carico di aiuti umanitari e questo, a sua insaputa, segna una svolta importante nella sua vita. Rientrata poi in Italia, un giorno, sul finire dell'estate, le suona il cellulare: «Profughi in fuga dalla guerra in Siria... imploravano aiuto in arabo, gridando all'inverosimile... Fu solo la prima delle centinaia, forse migliaia, di telefonate che la ragazza, siciliana d'adozione, avrebbe ricevuto nell'anno e mezzo successivo» racconta Daniele Biella.

Nawal avvisa la Guardia Costiera, impara come si rilevano le coordinate, «l'unico dato che in mare può fare la differenza fra la vita e la morte», richiama subito il satellitare Turaya dal quale era partito l'allarme e ritelefona i dati alla Guardia Costiera che interviene subito salvando tutto il carico umano dell'imbarcazione.

«[Nawal] scoprì così che quello che aveva seminato nei due anni precedenti in cui aveva seguito da vicino il dramma siriano, prima testimoniando gli orrori della guerra da lontano, poi andando direttamente a conoscere la popolazione sotto le bombe, non era stato vano. Al contrario, aveva generato un passaparola che con il tempo si rivelò di dimensioni clamorose: la gran parte delle persone che, lasciata la Siria, non si fermò nelle nazioni vicine ma cercò salvezza e nuova vita in Europa attraverso i viaggi della speranza nel Mare Nostrum –almeno 50mila persone tra la fine del 2013 e i primi mesi del 2015, secondo le stime ufficiali – aveva in tasca il numero di telefono di Nawal».

«Nel tempo dell'indifferenza – scrive nella sua prefazione mons. Francesco Montenegro, appena eletto cardinale da papa Francesco – la storia di Nawal colpisce, così come colpisce la "normalità" con cui porta avanti la sua azione di volontariato».

Far sì che dalla globalizzazione dell'indifferenza si passi alla globalizzazione della solidarietà, è oggi, una delle più urgenti e irrimandabili sfide che l'umanità deve assumere e su cui deve giocarsi. Nawal e la sua ordinaria capacità di fare il bene può aiutarci.

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