Trinità e realtà

Scrutare il Mistero

A chi può interessare riflettere sul Mistero del Dio Trino e Uno in questo momento della storia umano-cosmica, di così grande confusione, in cui la fragilità umana emerge non solo nel corpo, ma anche nella più profonda psiche e in tutta quella complessa costruzione socioeconomica del mondo?

Corpi umani che come non mai sembrano pesare più del solito sulla Terra (intesa come ecosistema) e lei, la Terra, che dà segnali di sofferenza, nonostante conservi ancora le sue segrete energie vitali. E poi, che cosa significa, per noi donne, parlare di Trinità, quando il linguaggio trinitario evoca in forma maggioritaria il maschile (Padre e Figlio) con qualche piccola sfumatura riguardo allo Spirito, lasciata a chi interpreta e secondo «da dove si interpreta»?
E inoltre, il contrasto tra l'infinitudine del Mistero e la finitudine della realtà reale; direi contrasto scioccante che fa emergere due opposti livelli: da una parte la percezione della bellezza e dell'armonia divina e dall'altra la frammentazione dell'umano sfigurato, nonostante ai suoi dolori di parto partecipi non solo il cosmo ma lo Spirito (cfr. Rm 8,22-26). Questo è già un dato molto importante e lo riprenderemo in seguito. Ma che senso può avere soffermare il pensiero sulla Trinità, quando non riusciamo nemmeno a decifrare chiaramente le cause del dolore dell'umanità e del Pianeta? È forse una fuga, una specie di consolazione o un tradimento? [...]

Soffermarsi sulla Trinità e scrutare questo Mistero in un modo o nell'altro, ha sempre avuto delle conseguenze. Forse oggi non ce ne accorgiamo perché ci sembra di aver superato questa influenza della religione, di esserci liberati da questa imponente presenza. Ed è vero, ci siamo liberati ma soprattutto siamo riusciti, anche per opera della religione stessa, ad accentuare la separazione tra il sentire dello spirito e la pratica politica, intesa come passione per la costruzione della città. Antica questione che fa sorgere, nel nostro immaginario, molti opposti: il cielo e la realtà, lo spirito e la materia, la vita di grazia e la giustizia e tanti altri ancora. Togliere la quotidianità della vita e delle vicende dei popoli significa privare la teologia del Mistero dell'incarnazione, e alla realtà, alla storia dei popoli la possibilità di trovare e creare vie alternative che non si consumino solo nell'orizzonte umano. In un momento storico come il nostro, tempo di totale uniformità del pensiero, degli stili di vita e anche tempo di sfruttamento delle risorse umane e dell'ecosistema, riflettere sulla Trinità acquista una rilevanza particolare. Si disvela la possibilità e si acquista l'energia per poter agire politicamente in un altro modo, perché Trinità significa differenza e distinzione, uguaglianza e reciprocità comunicativa e soprattutto movimento in un costante divenire circolare. Scrive il filosofo Massimo Cacciari:

Solo lo scandalo trinitario introduce in maniera radicale il molteplice nell'Uno, senza mescolanza o confusione, senza divisione o separazione, in quanto pensa l'Uno come Trino: solo esso è capace di fondare la consistenza del mondo come altra da Dio, e tuttavia non separata o contrapposta a Dio; solo esso dà allora pienamente ragione di un divenire che non sia né apparenza né caduta, ma vita piena dell'essere creato nel suo venire da Dio e nel suo ritornare a Dio, non fuori, ma nel grembo dell'eterno divenire divino.

Il nostro anelito, i nostri desideri e le nostre speranze, soprattutto quelle di chi in qualche modo cerca di uscire da situazioni di dolore sociale e psichico, o per chi sogna giorno e notte di trovare le vie sapienziali per far sì che la vita sia vita per tutti, questi sono i contesti esistenziali da cui scrutiamo e nei quali la contemplazione diventa invito a uscire come avvenne per il profeta [Isaia] dopo la visione: «Chi manderò e chi andrà per noi? Io risposi: Eccomi, manda me!» (Is 6,8). Quel «manda me» sembra essere eco trinitario, eterna pericoresi, cioè movimento di scambio e di uscita. Ogni visione fa sorgere l'inquieta domanda sulla vita che soffre e che tarda a essere vita. Scrutare i cieli è allo stesso tempo, paradossalmente, intensa visione del reale. Per questo, il ricordo delle parole di Platone nel Timeo: correggere l'irregolarità dei nostri ragionamenti assai tortuosi; contemplando nel cielo i giri dell'intelligenza, ce ne giovassimo per i giri della nostra mente. L'unico luogo che abbiamo è la vita, quella che possiamo toccare, guardare, amare, pensare, a volte rifiutare o distruggere. È questo il luogo ed è questo il tempo; tempo di esilio e di persecuzione per molti; tempo di assenza e di lontananza dalla propria terra, dalle persone amate, dal proprio humus sapienziale e chissà, anche dal proprio dio.
E qui tornano le parole del profeta: «Per amore di Sion non tacerò, per amore di Gerusalemme non mi darò riposo». Non rassegnarsi, non affidare il destino dell'universo alla tirannia del sistema finanziario nelle mani di pochi o alla frenesia dei progetti tecnologici che, in nome della «rete globale», rischiano
di escludere sempre più persone e rendere gli esseri umani privi di pensiero e di sensibilità. In questa generale frammentazione della vita e nel suo rispettivo dolore, proviamo dunque ad addentrarci nell'Indivisibile Mistero.


Condividi

trinita-e-realta.html

Articoli correlati

Newsletter

Iscriviti alla newsletter per essere sempre aggiornato su iniziative e novità editoriali
Figlie di San Paolo © 2024 All Rights Reserved.
Powered by NOVA OPERA