Il 6 e 9 agosto 1945 le città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki vennero devastate da due ordigni nucleari statunitensi.
La Seconda Guerra Mondiale stava volgendo al termine, ma il Giappone, nonostante le schiaccianti sconfitte subite, si rifiutava di arrendersi. Per porre fine al conflitto, gli Stati Uniti presero una decisione drastica: utilizzare un'arma di distruzione di massa di nuova concezione.
Il 6 agosto 1945, l'aereo bombardiere Enola Gay sganciò una bomba atomica su Hiroshima. Decine di migliaia di persone morirono all'istante: molte altre persero la vita per le ferite e le radiazioni nelle settimane e nei mesi successivi. Tre giorni dopo, il 9 agosto, un secondo ordigno venne sganciato su Nagasaki. Anche qui, un tragico bilancio di distruzione e morte. Le due esplosioni sortirono l’effetto desiderato, costringendo l'imperatore Hirohito ad annunciare la resa incondizionata del Giappone il 15 agosto 1945 e ponendo così fine alla Seconda Guerra Mondiale. Ma a quale prezzo?
D’altra parte, dietro i grandi drammi della Storia si nascondono anche storie più piccole, che raccontano spesso la speranza e il coraggio, lì dove sembra esserci solo distruzione. Come quella di Takashi Nagai (1908-1951), medico radiologo, da molti soprannominato il Gandhi giapponese. Egli infatti, dopo la morte della moglie Midori a causa dell’esplosione, si prodigò senza sosta per la pace, forte della sua fede in Gesù, raggiunta dopo un lungo e intenso cammino interiore. La sua umile casa divenne meta di molte persone, celebri o comuni, che cercavano un colloquio o un conforto. Nagai, pur gravemente malato di leucemia, non si sottrasse mai a questi incontri.
Scrive Glynn nell’introduzione al libro Pace su Nagasaki, in cui racconta appunto la storia del Gandhi giapponese: «Il dottor Nagai avrebbe potuto odiare gli americani, che con la loro bomba avevano distrutto tutto quanto aveva di più caro, soprattutto la sua sposa Midori, che era la sua ispirazione. Invece Nagai semplicemente non permise all’odio e alla vendetta di prendere possesso della sua vita. Visse il Vangelo di Gesù con il suo messaggio di pace e riconciliazione [...]. Egli scrisse centinaia di migliaia di parole per la pace. Quando la malattia causata dalle radiazioni lo consumò completamente, prese il pennello e scrisse le sue ultime parole: Heiwa-wo, sia la pace».
Una testimonianza eccezionale e un chiaro monito per gli uomini e le nazioni di oggi che, a distanza di 80 anni, sembrano aver dimenticato l’orrore di Hiroshima e Nagasaki.