Il presbiterio

Don Marco D'Agostino riflette su due aspetti fondamentali dell'essere prete: la fraternità da coltivare e la formazione continua, che rende tale fraternità fattivamente operante.

«Dall'inizio del cammino, da quando ciascuno di noi si è messo nella prospettiva di poter dire un sì a Dio, nella vita, per il servizio alla Chiesa, la formazione è un motore. E ci abilita a pensare che quanto si riesce a fare insieme, come preti, nelle comunità, con il vescovo, va a vantaggio di tutti. Ha un sapore evangelico. E così la musica, per la mano di un solo direttore – il Cristo Signore – uscirà dagli strumenti e dalle gole come un unico suono. Da interpretare sempre, ma sempre da ascoltare e per la quale gioire. Insieme. Come un solo corpo. Un coro di voci che, dopo il debutto, provano e riprovano, perché orchestra e coro si sentano, si parlino, si accordino».

Con queste parole don Marco D'Agostino introduce il suo nuovo libro Il presbiterio. Fraternità da coltivare. Nelle sue riflessioni, l'Autore evidenzia il fatto che il prete non si forma e non vive il suo ministero da solo. Non è un eremita, non fa l'imprenditore del sacro e non opera sganciato da tutto e da tutti. Il presbitero si forma dentro il presbiterio, e fin dal seminario questa fraternità è da imparare e costruire. Il presbiterio, unito al vescovo, è un dono grande per la vita del prete, lo specchio nel quale si riflette la vocazione dei singoli, provocazione continua a vivere di comunione, a tornare alla sorgente del proprio ministero.

Il prete, in altri termini, è parte di un'orchestra, i cui membri leggono la stessa musica, pur con sfumature e interpretazioni differenti, ma sempre al tempo del Maestro. Affinché questo accada, è necessaria una formazione continua che consenta di suonare insieme.

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