“Dove non canta più il cielo” di Luigi Mariani ha vinto il Premio Isola di Pantelleria (opere edite), mentre “I miei giorni a Brancaccio con Padre Puglisi” di Roberto Mistretta si è aggiudicato il secondo posto nel Premio Etnabook (sezione narrativa/saggio).
Solo poche settimane fa, Il romanzo di Luigi Mariani aveva vinto il Premio letterario Emily “I mille volti della violenza”. Arriva ora un nuovo riconoscimento al Concorso Letterario Isola di Pantelleria, dove si è svolta lo scorso 20 settembre la cerimonia di premiazione.
In Dove non canta più il cielo, Luigi Mariani racconta le tragedie, ma anche l’infinita bellezza, di una parte di mondo - tra Turchia, Iraq e Nord-Est della Siria - che ha attraversato come operatore umanitario per due Ong italiane. E dà voce ai tanti bambini come Samir - protagonista del romanzo - sparsi nel mondo, con l’augurio di «poter presto tornare a sentire il cielo cantare».
«Un libro che ti fa pensare – ha scritto la giuria del premio - un libro che ti fa immedesimare e che ti dà un pugno allo stomaco nell’incapacità personale di poter cambiare simili situazioni. Chi ha giudicato questa opera ha riscontrato la capacità dello scrittore, con una linearità letterale, di far calare il lettore nel contesto della storia attraversando un turbinio di emozioni e è stato questo sicuramente il punto di forza che ha determinato la vittoria di questo testo».
Bel riconoscimento anche per il libro di Roberto Mistretta, I miei giorni a Brancaccio con Padre Puglisi. Il racconto di Giuseppe Carini, testimone di giustizia”, che si è aggiudicato il secondo posto nel Premio Etnabook (sezione narrativa/saggio). La serata di premiazione si è svolta domenica 21 settembre alla Corte Mariella Lo Giudice del Palazzo della Cultura di Catania.
Nel libro, Giuseppe Carini – collaboratore di don Puglisi e testimone di giustizia - racconta in prima persona in quale modo il rapporto con don Pino gli cambiò la vita, portandolo a compiere scelte definitive. Scrive Mistretta: «Mi imbattei nella storia di Giuseppe Carini anni addietro. Molte cose sono cambiate da allora, altre purtroppo no. Giuseppe Carini ha dovuto cambiare nome e lasciare la propria terra, ma la sua Brancaccio la porta sempre nel cuore. Non naviga nell’oro, ma non si lamenta. Il suo impegno giornaliero è testimonianza del fatto che i veri miracoli sono quelli che incidono nel profondo e marchiano l’anima a fuoco, come è successo a lui».