Gesù continua a rivivere la sua passione nei tanti crocifissi della storia. Non possiamo non ricordare quest’anno la martoriata Terra Santa, e lo facciamo con questa via crucis.
La Via crucis non è solo una rievocazione storica della passione di Gesù. Il Figlio di Dio ha incarnato, vissuto e redento ogni calvario passato e presente. Per questo la nostra preghiera non può non tenere conto della drammatica situazione che la Terra Santa sta vivendo - oggi in modo plateale - e che la attraversa da decenni.
Non vogliamo dimenticare, e lo facciamo con la Via crucis in Terra Santa. Dalla croce la pace che, come dice mons. Giancarlo Bregantini nella Prefazione, «ti scuote dentro, ti fa male, ti lascia un amaro in bocca. Perché è una Via crucis vera, fatta di segni forti, impressa nel cuore di chi la vive».
È particolarmente interessante che gli autori, Betta Tusset e Nandino Capovilla, siano partiti dalla ricerca di una pace che derivi dalla croce. Ognuna delle quattordici stazioni è divisa in tre parole: annuncio, per riflettere sulla Parola; denuncia, per puntare il dito contro ogni ingiustizia; rinuncia, per mostrare esempi fattivi di servizio, di cambiamento e di testimonianza.
«La croce non può prescindere dalla solidarietà lunga, quella che ci fa andare oltre l’idea intimistica di sopportazione delle fatiche personali e ci spalanca il cuore al mondo, ci permette di vedere "le botteghe in cui si fabbricano le croci collettive", per poi provare a schiodare da esse tutti quelli che vi sono stati appesi».