3P venne ucciso il 15 settembre 1993, giorno del suo 56° compleanno, vittima di un’esecuzione mafiosa davanti alla porta della sua casa.
Ordinato sacerdote nel 1960, per i successivi trent’anni padre Puglisi s’impegnò assiduamente in un’attività pastorale rivolta soprattutto ai giovani. La sua lotta alla mafia si concretizzava nel tentativo di mostrare ai ragazzi la possibilità di una vita diversa, di una scelta: quella di prendere strade lontane dall’illegalità. Inevitabilmente, questo suo impegno andò a infastidire - e non poco - i clan mafiosi. Che ne decretarono la morte.
Ha giustamente scritto il giornalista Francesco Anfossi nella biografia E li guardò negli occhi: «Padre
Puglisi era un sacerdote che svolgeva il suo apostolato senza clamori, che rideva quando lo si definiva un prete antimafia. E invece lo era, nella sua quintessenza […]. 3P era un prete normale, ma a Brancaccio, una delle zone della città a più alta densità mafiosa, predicare la normalità può costare la vita. Cosa Nostra aveva decretato la sua morte perché aveva osato ripristinare la normalità, perché nel suo quartiere voleva una scuola media, un consultorio, un asilo nido. E anche perché con la sua infaticabile azione pastorale e pedagogica strappava sempre più bambini, adolescenti, giovani dalla palude senza fondo dell’illegalità».
Padre Pino Puglisi è stato proclamato beato dieci anni fa, il 25 maggio 2013, nella sua Palermo: prima vittima di mafia riconosciuta come martire della Chiesa.
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