Io e C@rlo

Dimmi che sei beato, senza dirmi che sei beato

Carlo Acutis, tanto normale quanto specialissimo, è il collante di esistenze che si incontrano inspiegabilmente, distanti nel tempo, ma anche nello spazio (il cielo e la Terra). Nel libro “Io e C@rlo” di Marco Pappalardo il Beato Acutis ricorda a Ester (e a tutti) che si può essere felici.

Si può! Si può essere felici.
Si può incontrare qualcuno con cui condividere le proprie esperienze entusiasmanti o disastrose per imparare a leggerle e a dargli un nome, soprattutto in un periodo complicato come l’adolescenza. Si possono trovare modi e parole nuove per vivere gli ideali grandi della vita, per interrogarsi sul senso dell’esistenza. Si possono scoprire punti in comune tra generazioni diverse, epoche diverse. Si può anche sperimentare che la fede, quel legame che ci fa sentire che qualcuno si prende cura di noi, si espande e raggiunge persone di ogni età, in modi e forme diverse, e che può aiutare a rendere saporita la vita.

Questa è la sensazione che mi resta dopo aver letto il libro Io e C@rlo di Marco Pappalardo.
Sarebbe sbagliato dire che l’autore ci presenta la figura di Carlo Acutis, o almeno sarebbe riduttivo. Perché quello che emerge sono proprio gli intrecci, la coralità, l’incontro. Carlo è il collante, tanto normale quanto specialissimo, di esistenze che si incontrano e si uniscono, inspiegabilmente, nel metaverso di questo libro, distanti nel tempo, ma anche nello spazio (il cielo e la Terra).
A guidarci è Ester. L’ho immaginata come un’adolescente carina ma non bellissima, intelligente ma non superdotata, diciamo nella media, con davanti agli occhi un sacco di scelte da affrontare, combattuta tra i tanti stimoli che la realtà offre. Anche una decisione semplice, come scegliere una lettura estiva, è complessa, ma le svolterà la vita. E in fondo fa quello che avremmo fatto tutti: chiede, prova, interroga, prova ad ascoltare i suoi desideri e, lei della generazione Z, si mette a navigare online.

«Vorrei chiederti l’amicizia online, ma tra Facebook e Instagram ci sono quasi cento tuoi profili diversi, alcuni di altri Paesi; dunque su Internet sei come un influencer! Io ne seguo tanti, alcuni per interesse e altri per moda; a volte vorrei essere una di loro con milioni di visualizzazioni, altre desidero essere la donna invisibile dei Fantastici 4 (tra l’altro, quando è visibile, è bellissima, al contrario della sottoscritta).
Ma torniamo a te, che è meglio! Su «santa Wiki» ho letto che sei una specie di nerd, però – non mi fraintendere – non come quelli dei film o delle serie TV, di solito bruttarelli con gli occhialoni, sempre chiusi in camera, con la testa bassa e pochi amici, bensì una specie di variante in meglio dei nerd, che ama la tecnologia, la vita, l’aria aperta, la famiglia, l’amicizia, la religione, gli animali e i viaggi. Lo confermano le tue parole: "Se si sa usare il computer veramente, si deve essere in grado anche di saper decifrare i programmi, se no vuol dire che si è dei semplici operatori e non dei programmatori"».

In fondo siamo tutti Ester… I nostri nonni e bisnonni scrivevano lettere ad amici lontani o alla fidanzata dal servizio militare; i nostri genitori scrivevano cartoline dai posti di vacanza o lettere che spedivano per posta; oggi i più giovani scrivono post, stories, inventano hashtag. Ma la motivazione non è cambiata: abbiamo desiderio, bisogno di comunicare; siamo alla ricerca di relazioni positive, che diano gioia alle giornate, profondità e apertura a pensieri e sentimenti, che tirino fuori il meglio di noi.
Ester incontra, con linguaggi e modalità molto digitali, Carlo Acutis che diventa suo amico, confidente, modello. Carlo, quasi coetaneo, con le sue abitudini, le sue idee, le sue azioni, le sue parole riesce ad accenderle la scintilla dell’inquietudine; a stimolare domande che riguardano la sua vita di tutti i giorni ma anche quella sete di vita piena; a incuriosirla con le sue scelte controcorrente; ad avvicinarla all’amore che Dio ha per ciascuno, alle parole di Gesù; a ispirarle gesti di bene, semplici ma concreti e significativi, verso chi la circonda o ha più bisogno.
Un trend sui social direbbe: “Dimmi che sei beato, senza dirmi che sei beato”. Già, perché alla fine questa è la grandezza dei santi, dei beati: compagni di strada discreti, ponti tra Dio e l’umanità, capaci di costruire felicità e di indicarne la strada. E Carlo Acutis è e resta un testimone privilegiato: luce che ai tanti ragazzi e ragazze di oggi ricorda che SI PUÒ!

Come finisce il libro? Niente spoiler, ma la storia continua perché un amico rimane per sempre. In fondo Acutis continua a dire a Ester, ai giovani, ma anche a ciascuno di noi che, anche se siamo normali, siamo speciali, ciascuno ha doni unici e Dio non vede l’ora di vederci brillare; Carlo ha fatto della sua vita qualcosa di meraviglioso: questo dice che anche noi possiamo!


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