Cittadini e stranieri

XXIX Domenica del Tempo Ordinario - Anno A

La fede e la vita non sono binari paralleli.

«Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio», dice Gesù ai discepoli dei farisei e agli erodiani, che provano a metterlo in difficoltà con uno scottante problema: «È lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?». La risposta di Gesù sembrerebbe affermare l’esistenza di due “troni” dello stesso livello e importanza a quali pagare il tributo: un Dio in cielo e un Dio in terra. In effetti, tante volte il citatissimo detto di Gesù è stato inteso (e spesso è ancora così) come invito a considerare la fede e la vita due binari paralleli e indipendenti.
Non può essere questo il messaggio delle parole di Gesù. Se così fosse, egli annullerebbe il primo comandamento: «Il Signore nostro Dio è l'unico Signore»; ignorerebbe i severissimi richiami di Dio al popolo: «Io sono il Signore e non c’è alcun altro, fuori di me non c’è dio»; e renderebbe incomprensibile il suo perentorio: «Vattene, Satana! Sta scritto infatti: il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto» (Mt 4, 10).
Se il messaggio non può essere questo, quale sarà? Per scoprirlo è necessario leggere le parole di Gesù nel complesso dell’insegnamento evangelico e nella bimillenaria esperienza della Chiesa.

La fede nella storia

La fede in Dio, unico Signore, il solo a cui “pagare il tributo”, è intima, spirituale, personale; nasce e si sviluppa nel profondo del cuore e della mente, dove penetra soltanto lo sguardo di chi la vive e di Dio «che conosce i segreti del cuore» delle sue creature (Sal 44,22). Essa però deve essere vissuta nella storia, dove Cesare esige il suo contributo. Gesù, per non scandalizzare gli esattori del Tempio, chiese a Pietro di pagarli con una moneta d’argento trovata nella bocca di un pesce (Mt 17, 24-27). Come e quando pagarglielo senza tradire l’unico Signore, non è facile, e a volte richiede molto coraggio. Pietro, di fronte al Sinedrio che gli imponeva di smetterla di parlare di Gesù, rispose: «Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini» (At 5,29). I martiri e i testimoni sono un “corteo” infinito da Pietro fino ai nostri giorni. Come seguirli?
Suggerimenti e indicazioni interessanti sono quelli della Lettera a Diogneto, un testo di autore sconosciuto del terzo secolo d.C., impegnato a spiegare ai pagani il rapporto dei cristiani con Dio e con Cesare: «I cristiani né per regione, né per voce, né per costumi sono da distinguere dagli altri uomini. Infatti, non abitano città proprie, né usano un gergo che si differenzia, né conducono un genere di vita speciale. La loro dottrina non è nella scoperta del pensiero di uomini multiformi, né essi aderiscono ad una corrente filosofica umana, come fanno gli altri. Vivendo in città greche e barbare, come a ciascuno è capitato, e adeguandosi ai costumi del luogo nel vestito, nel cibo e nel resto, testimoniano un metodo di vita sociale mirabile e indubbiamente paradossale. Vivono nella loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutto come cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri. Ogni patria straniera è patria loro, e ogni patria è straniera. Si sposano come tutti e generano figli, ma non gettano i neonati. Mettono in comune la mensa, ma non il letto. Sono nella carne, ma non vivono secondo la carne. Dimorano nella terra, ma hanno la loro cittadinanza nel cielo. Obbediscono alle leggi stabilite, e con la loro vita superano le leggi». Praticamente: vivere da bravi cristiani e buoni cittadini.

Il discernimento e la saggezza

Vivere così, rendendo a Cesare quello che è di Cesare, ma senza togliere a Dio quello che è di Dio, richiede fede adulta, discernimento intelligente, costante preghiera allo Spirito Santo, che - parola di Gesù - aiuta a capire ogni cosa e a praticarla.


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