Deboli e fragili nel camminare, decisi e sicuri nello scegliere la meta.
Nel brano di Vangelo di questa domenica, Gesù chiarisce cosa significa essere suoi discepoli con tre brevissime storie, così dure e scostanti da apparire fatte apposta per allontanare chi avesse intenzione di seguirlo.
Come mai questa durezza in contrasto con il suo comportamento misericordioso di sempre, messo in atto anche poco prima nel rimproverare i due apostoli, Giovanni e Giacomo, che avrebbero voluto fare scendere un fuoco dal cielo sui samaritani per avere loro impedito di entrare nel villaggio? E come concordarla con il suo invito: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero»? (Mt 11, 28-29).
In realtà non c’è nessuna contraddizione, perché Gesù si è sempre dimostrato esigente con chi vuole diventare suo discepolo. È lo stesso evangelista Luca a ricordarcelo: «A tutti, diceva: “Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua”» (Lc 9,23). Tutt’altra cosa è la sua misericordia nei confronti dei discepoli che, per debolezza o difficoltà, sbagliano e cadono. Un esempio clamoroso è il suo sguardo compassionevole che induce Pietro a «piangere amaramente», risalendo così dal suo rinnegamento (Mt 26,75). Non meno incoraggiante è il conforto che una notte, a Corinto, Gesù dà a Paolo, intimorito dalle difficoltà e dalle minacce: «Non aver paura; continua a parlare e non tacere, perché io sono con te e nessuno cercherà di farti del male” (At 18,9); e anche quando a Gerusalemme, dopo aver corso il pericolo di essere linciato: «gli venne accanto il Signore e gli disse: “Coraggio! Come hai testimoniato a Gerusalemme le cose che mi riguardano, così è necessario che tu dia testimonianza anche a Roma”» (At 23,11). «Gli venne accanto il Signore»… Bellissimo! Ogni discepolo in difficoltà può essere sicuro che il Signore Gesù gli sta accanto.
Ma davvero Gesù è esagerato ed eccessivo? Luca quando lascia i personaggi senza nome invita a identificarsi con loro. Mettiamoci, perciò nei panni dei tre «un tale».
Il primo, invitato a non lasciarsi illudere da benefici che non ci saranno («il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo»), riceve una testimonianza di lealtà e chiarezza. Quella che vorremmo avere da tutti coloro che si propongono, promettendo mari e monti. Vedi le campagne elettorali e non solo.
Al secondo, («lascia che i morti seppelliscano i loro morti») ricorda che in certi momenti della vita è necessario rivedere o ricomporre le priorità delle proprie convinzioni e delle proprie scelte, con la possibilità di capovolgimenti clamorosi. Non sono mai mancati (e non mancano) coloro che hanno anteposto la fedeltà alle loro scelte al lavoro, alla famiglia, addirittura alla vita. Sono quelli che poi chiamiamo martiri o eroi.
Al terzo («Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio») viene ricordato quello che tutti sappiamo: non c’è niente di più sbagliato e inconcludente del voltarsi continuamente in dietro per indebolire o azzerare l’efficacia di una scelta e di un traguardo.
È esagerato Gesù? In realtà, senza fronzoli e zuccherini, non chiede altro che esaminare bene le proposte che la vita offre, decidere bene la scala dei valori, procedere senza ripensamenti. È quello che ciascuno di noi chiede, o dovrebbe chiedere, a se stesso e agli altri.