Credere in Gesù da innamorati

XXII Domenica del Tempo Ordinario - Anno A

La fede non è soltanto un insieme di verità e di precetti.

Cosa è la fede? È una domanda che molte volte ci è stata posta, e che sicuramente ci siamo posti. Quali le risposte? Normalmente esse fanno riferimento o a verità di fede - quelle riassunte nel Credo - da accettare anche se superiori alla nostra comprensione razionale; o a comportamenti morali da seguire nella vita pratica; oppure ad ambedue le cose miscelate variamente insieme.
La parola di Dio di questa domenica suggerisce una risposta di tipo diverso, che non fa riferimento direttamente né alla razionalità, né alla operosità, ma a una esperienza umana universalmente conosciuta: l’innamoramento. È una strada per capire cosa è la fede più facile da comprendere, perché fa parte del vissuto e della esperienza di tutti.
La parola di Dio ce la propone con i suoi personaggi e le sue storie.

Il fuoco ardente di Geremia

«Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre», confessa Geremia, consapevole che lasciandosi sedurre dal Signore si è messo in un mare di guai: «Sono diventato oggetto di derisione ogni giorno; ognuno si beffa di me». Vorrebbe uscire da questa situazione; vorrebbe smettere ciò che gli procura tante complicazioni pesanti e rischiose; vorrebbe troncare con la missione ricevuta dal Dio. Se lo dice e se lo ripete: «Non penserò più a lui, non parlerò più nel suo nome!». Vorrebbe, ma non ci riesce: «Nel mio cuore c’era come un fuoco ardente, trattenuto nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo».
Il fuoco che avrebbe voluto spegnere e che invece lasciava ardere era il suo rapporto personale con Dio.

È ciò che capita quando, lasciatisi sedurre o da una persona, o da un gruppo, o da un’attività, o da un ideale, o da un sogno… si finisce tra problemi e difficoltà. Allora, come il profeta, ci si trova a rimpiangere il giorno in cui la “passione” è iniziata, e la si vorrebbe azzerare, ma non si riesce, se c’è stato il “fuoco ardente” del primo incontro.
Così è la fede. Essa non consiste nell’accettare dottrine o pratiche da rispettare, ma nel vivere da innamorati con le gioie e i tormenti che questo stato comporta. Non è sbagliato né esagerato affermare che la fede è un innamoramento che continua ad ardere nonostante le difficoltà che provoca. Anzi queste lo rafforzano.

L’amore di Pietro

Di ciò che stiamo cercando di dire il Vangelo offre una testimonianza straordinaria con Pietro. Il pescatore si è lasciato sedurre da Gesù, ha abbandonato tutto, e niente riesce più a dividerlo da lui. Questo rapporto di amore lo esalta (Mt 16,17: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli»); gli procura solenni rimproveri (Mt 16,23: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!»); fa emergere la sua facilità a promettere e a spromettere (Mc 14,37: «Simone, dormi? Non sei riuscito a vegliare una sola ora?»); lo fa cacciare in situazioni difficili che lo portano addirittura al rinnegamento (Mc 14,71: «Non conosco quest'uomo di cui parlate»); lo spinge a lasciare la barca per raggiungere più velocemente la riva, quando, dopo la risurrezione, tornando con gli altri apostoli da una deludente e infruttuosa nottata di pesca, Giovanni riconosce Gesù nell’uomo che li sta aspettando sulla riva (Gv 21m7).
Se questo non è amore…

Non è fede senza l’amore

Lasciarsi sedurre da Gesù non è accettare verità, anche se non le si riesce a comprenderle del tutto; non è assoggettarsi più o meno volentieri a rinunce e impegni poco graditi; non è nemmeno ascoltare (o fare) le prediche o le lezioni sui testi evangelici; non è pregarlo quando serve. È seguirlo, accettando le sue condizioni: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua».
È possibile senza amore accettare un’amicizia così esigente e impegnativa? No. Lo diventa soltanto, lasciandosi sedurre dalla sua persona, dalla sua vita, dal suo messaggio.


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