I talenti da non sotterrare

XXXIII Domenica del Tempo Ordinario - Anno A

Bravi come cristiani singoli, carenti come Chiesa.

La parabola dei talenti è una delle più gettonate nella catechesi dei bambini e dei ragazzi. Essa infatti si presta magnificamente per esortare a essere attivi e operosi, in modo da evitare la triste fine del servo che ha nascosto il suo talento nella buca del terreno. La parabola, però, che non è per bambini, cosa dice agli adulti? Quali sono i talenti che il Signore ci mette nelle mani per raddoppiarli? La risposta facile e quella che si dà ai bambini: le capacità e le qualità. Va bene, ma non basta. Quella giusta è nel contesto del brano, il capitolo venticinque di Matteo, che inizia con le vergini sagge e stolte, prosegue con i talenti e termina con il giudizio finale. Ed ecco la risposta: i talenti che Dio ci mette nelle mani sono il vivere camminando verso di lui per riconsegnargli la vita che ci ha donato, carica del bene guadagnato - tanto o poco, o anche pochissimo, ma non sotterrato nella buca del terreno - obbedendo alla sua parola.

I talenti per il nostro tempo

Quali sono i talenti che il Signore ci consegna oggi non come credenti “ognuno per sé”, ma come Chiesa? Il primo e il più importante è proprio sentirsi parte attiva della Chiesa, protagonisti nella sua vita e nella sua missione. Purtroppo siamo stati educati (diseducati!) a pensare la Chiesa come papa, vescovi, preti, religiosi e qualche laico volenteroso. Perciò: evangelizzare? “Tocca a loro!”. Portare il Vangelo dentro alla società per renderla più giusta? “Io non me ne intendo. Ci pensino loro!”. Impegnarsi affinché si parta sempre dai diritti dei più deboli? “Io faccio le offerte alla Caritas e alla Casa della Sofferenza. Al resto pensino loro”. Chiesa a parole, ma in realtà cristiani sparsi. Invece ogni cristiano deve essere parte e protagonista della Chiesa, come può, magari anche solo attraverso la preghiera personale, spiritualmente unito a tutti i credenti in Cristo. Questa consapevolezza è talmente importante che papa Francesco ha voluto indire allo scopo il Sinodo mondiale dei vescovi. Su questa base, gli altri talenti da trafficare per raddoppiare.

L’evangelizzazione

Il Vangelo non gira per le strade, sia quelle reali che quelle virtuali. Ci sono iniziative e programmi TV che parlano della fede, ma spesso sono prediche portate fuori dalle chiese, o trasmissioni per soddisfare la curiosità su miracoli e apparizioni. Sui problemi scottanti c’è l’intervista al vescovo o al religioso. Così si incrementa il “ci penseranno loro”. L’invito pressante di papa Francesco a “uscire fuori dalle sacrestie” comporta che quelli che partecipano alla Messa sappiano annunciare Gesù in ufficio, nel negozio, nel condominio… parlando di cronaca, di politica, di economia, di religione… Non con prediche ma con pareri, pensieri, dialoghi ispirati dal Vangelo.

La fede consapevole

L’evangelizzazione “su strada” richiede una fede adulta che sappia rendere ragione delle proprie convinzioni, discernere i rapporti tra fede e vita, confrontarsi con altre culture e convinzioni religiose. È scoraggiante constatare che negli ultimi decenni ci si è rinnovati in tutto eccetto che nella conoscenza del Vangelo e della vita della Chiesa. Nei social, che potrebbero e dovrebbero essere per i cristiani uno strumento di evangelizzazione, gente che si dichiara cristiana non si capisce bene cosa dice sul fine vita, sulla guerra, sulle migrazioni… Sul Vaticano poi…

La carità efficace

Nemmeno i più malevoli possono accusare i cristiani di non essere “caritatevoli”, perché siamo sempre in prima fila per qualsiasi raccolta o Giornata. Dobbiamo crescere però nella carità efficace, quella che cambia le cose. Scrive papa Francesco: «È carità stare vicino a una persona che soffre, ed è pure carità tutto ciò che si fa, anche senza avere un contatto diretto con quella persona, per modificare le condizioni sociali che provocano la sua sofferenza. Se qualcuno aiuta un anziano ad attraversare un fiume – e questo è squisita carità –, il politico gli costruisce un ponte, e anche questo è carità» (Fratelli tutti, 186). Siamo bravi nell’aiutare ad traversare i fiumi, meno nel costruire i ponti. Quelli che servono di più.


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