La buona battaglia del bene

XXXIV Domenica del Tempo Ordinario - N.S. Gesù Cristo Re dell'universo - Anno A

Quando il male si manifesta non bastano gli allarmi e le emozioni.

Da sempre questa straordinaria parabola di Gesù è stata chiamata: “il giudizio universale”. La definizione non è nel testo evangelico, ma lo descrive con precisione, stimolando la fantasia con lo scenario maestoso (tutti i popoli, di tutti i tempi, di tutti i luoghi radunati davanti al trono della gloria del Figlio dell’uomo e di tutti gli angeli con lui), e invitando alla riflessione con il suo messaggio (uno spiraglio sulla fine della storia terrena e di ciascuno di noi). Lasciando l’immaginazione libera di ricostruire la maestosità della scena, magari ricorrendo al genio di Michelangelo o di Giotto, puntiamo la nostra riflessione sui messaggi più urgenti e attuali per l’oggi che ci porta di giorno in giorno verso quell’evento grandioso e terribile di vita o di supplizio eterni: il giudizio, la sorpresa, la strategia.

Il giudizio

Alla fine della storia del mondo, e di ciascuno di noi, («Quanto a quel giorno o a quell'ora, nessuno lo sa» Cfr. Mc 13,32), c’è un giudizio che decide una sorte diversa tra “capre” e “pecore”: o al supplizio eterno o alla vita eterna. Che il bene e il male siano diversi e meritino una sorte diversa sembrerebbe una cosa indiscutibile, invece è molto ignorata, o addirittura azzerata come un inutile fardello alla spontaneità e una strettoia alla libertà di praticare l’unico comandamento: tutto è bene se piace, se diverte, se dà emozioni, se fa guadagnare. Il male? Il peccato? Tabù medioevali. Sarebbe bello se il male e il peccato potessero essere cancellati, invece all’improvviso, troppo spesso, essi prendono la ribalta in modo così feroce che rende impossibile ignorarli: la guerra, le stragi, il terrorismo, la miseria, la fame, la sete…, e delitti difficili anche da immaginare, come il recente assassinio della ragazza da parte dell’ex fidanzato.
Quando questo succede si alzano gli allarmi, sorgono gli interrogativi e si va alla ricerca del colpevole: il raptus, la famiglia, la scuola, la società, il long Covid, il governo…? E poi via con talk show e trasmissioni (gli influencer del “tutto è bene se piace”) con esperti e controesperti, con cronache di fiaccolate, nonché di proteste “affinché non si ripeta più”. Si finisce col decidere che ci vuole una nuova legge per far rispettare le tante le altre che non sono bastate a esorcizzare il male.
Non è così che si vince il male, ma ogni giorno riconoscendolo, combattendolo, vincendolo, investendo la nostra libertà per decidere «tra la vita e il bene, la morte e il male» (Dt 30, 15); «tra il fuoco e l’acqua» (Sir 15,16). A tutti il Signore dice come a Caino: «il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto, e tu lo dominerai» (Gn 4,7). Abbiamo l’intelligenza per individuarlo, la volontà per dominarlo, e la libertà per decidere di combatterlo.

La sorpresa

È singolare il fatto che sia quelli di sinistra che quelli di destra si meraviglino di avere o no incontrato il Signore, e di avere avuto un rapporto di accoglienza o di rifiuto nei suoi confronti: «Quando mai ti abbiamo visto…». In altre religioni, forse in tutte, il dio venerato chiede ai suoi fedeli di soccorrere poveri e bisognosi, ma non si identifica con loro. Gesù invece non dice: “avete dato da mangiare, da bere, da vestire…”, ma «mi avete dato…». Il Figlio dell’uomo, «colui che siede sul trono e tutti gli angeli con lui», colui che ha il potere di mandare alla vita eterna o al supplizio eterno, non invita a fare del bene, ma a fargli del bene. Ero «affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere e mi…».
Perciò all’interrogativo di questi giorni: “Chi può educare i ragazzi a superare comportamenti irrispettosi e pericolosi verso gli altri, donne in prima fila? La famiglia, la scuola, la psicologia, una nuova legge?”. Tutti possono portare un contributo, mettendo alla base di ogni operazione la consapevolezza che, credenti in Dio o no, cristiani o no, si è in cammino verso la vita eterna se «non distogliamo lo sguardo dal povero» (omelia di Papa Francesco nella Giornata Mondiale dei poveri, domenica 19/11).

La strategia

La lotta contro il male non è una penitenza di sapore medioevale, ma la buona battaglia della fede per il bene nostro e di tutti (1 Tm 6,12). Per essere combattuta e vinta, si deve seguire la strategia di «colui che siede sul trono e tutti gli angeli con lui»: farsi “affamato, assetato, straniero, nudo, malato, in carcere”. Senza questa identificazione la battaglia è persa in partenza.


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