Non rinunciamo alla gioia del Natale

I Domenica di Avvento - Anno B - 2020

Quest'anno il tempo liturgico dell'Avvento può e deve essere vero e concreto.

Torna l'Avvento, il tempo liturgico che ci dovrebbe preparare al Natale in maniera sempre più profonda ed efficace, ma che in realtà - come gli altri tempi liturgici - è assai poco incisivo, se non del tutto deprivato del suo significato, perché risucchiato da una società caratterizzata dalla smania e dalla fretta di produrre, acquistare, consumare beni materiali che proprio nel periodo natalizio raggiunge uno dei picchi più alti. Ed ecco, allora, gli appelli pressanti della Chiesa a contrastare questa mercificazione della festa del Natale, che con il lusso, lo spreco, l'esteriorità snatura il significato della nascita di Gesù. Appelli assai poco ascoltati. Anzi, ogni anno la "magia del Natale" va aumentando con una differenza sempre più evidente tra fede e vita. In chiesa l'avvertimento di Gesù: «Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento... Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all'improvviso, non vi trovi addormentati. Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!». Per strada, il sempre più massiccio richiamo delle luminarie, delle vetrine, dei regali, dei cenoni, dei viaggi.

Quest'anno cambia tutto. Purtroppo non per una conversione improvvisa e imprevedibile "alla Saulo sulla via di Damasco", ma per la pandemia di Coronavirus, tanto da poter dire che i ruoli si siano invertiti. Mentre per strada ovunque si diffondono alti lamenti sulla "Festa" per eccellenza che non si farà e non ci sarà, perché non si potrà girare per negozi, per bar, per ristoranti; perché non si potrà andare a sciare in montagna o godersi il sole nei paesi esotici, perché non, non, non..., con una tristezza e un accoramento da rischiare la depressione, in Chiesa si proclamano inviti alla capacità e all'impegno di riuscire a trovare serenità, resilienza e speranza pur in questa situazione così preoccupante e minacciosa nella quale il virus Covid-19 ha gettato il mondo. In un messaggio del ventidue novembre scorso, i vescovi italiani invitano a trovare segni positivi in modo che "questo tempo sia un tempo di speranza": «Fratelli e sorelle, vorremmo accostarci a ciascuno di voi con grande affetto e una parola di speranza e di consolazione in questo tempo che rattrista i cuori... Anche in questo momento la parola di Dio ci chiama a reagire, rimanendo saldi nella fede, fissando lo sguardo su Cristo per non lasciarci influenzare, o perfino deprimere, dagli eventi. Ci sembra di intravedere, nonostante le immani difficoltà la dimostrazione che stiamo vivendo un tempo di possibile rinascita sociale. Ecco perché riteniamo che questo sia un tempo di speranza».

Non sarà facile, perché la stessa parola di Dio con l'avviso che il padrone di casa può tornare in ogni momento: «alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino», a verificare lo stato della casa che ci ha lasciato da custodire, può sembrare un ulteriore carico di preoccupazione. Infatti, quel "momento" che Gesù annuncia come imprevisto e imprevedibile, richiamando inevitabilmente anche l'incontro definitivo con lui, con le notizie quotidiane sul numero dei morti e dei contagiati, può essere ulteriore motivo di tristezza e di angoscia. Dobbiamo fare in modo che non sia così. Non bastano, però, gli inviti generici e retorici del Governo a un Natale più intimo, perché, anche se fraintesa, la gioia – non soltanto spirituale - è una componente fondamentale del Natale. Non possiamo cancellare l'annuncio dell'angelo: «Vi annuncio una grande gioia», né il coro della «moltitudine dell'esercito celeste» sopra la capanna.
Il "momento" di cui parla Gesù, cioè l'incontro definitivo con lui, non va aspettato con ansia, sperando che arrivi il più tardi possibile e quando non siamo "addormentati", ma va costruito ogni giorno nelle persone, nei fatti, nelle circostanze, anche in quelle che stiamo attraversando adesso, sicuri che «il Signore» – come prega il salmista - «sempre nostro padre e nostro redentore, ci viene incontro, se pratichiamo con gioia la giustizia e ci ricordiamo delle sue vie».

Ciò che il Signore ci chiede in questo momento non è la rassegnazione malinconica, ma la capacità di ritrovare la gioia nei piccoli gesti personali, familiari, comunitari che avevamo abbandonato a favore di "gioie" prefabbricate, offerte dal mercato.


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