Vivere tutto, liberi da tutto

XXVIII Domenica del Tempo Ordinario - Anno A

Affari, campi e banchetti non sono tutti uguali.

Il comportamento del re, protagonista della parabola, lascia perplessi. Offeso per il rifiuto oltraggioso degli invitati al pranzo per le nozze del figlio, dopo averli puniti severamente, li sostituisce con altri invitati, trovati dai suoi servi nei crocicchi delle strade: “Tutti, cattivi e buoni”. Un bel gesto, non c’è che dire, come anche quello di entrare nella sala per vedere gli invitati. Non dimentichiamo che è un re. Però, trovato uno degli ospiti che non aveva rispettato l’etichetta diventa improvvisamente severissimo - «Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?». Quello ammutolisce. Egli allora ordina ai servi: «Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti», facendogli fare praticamente la stessa brutta fine di coloro che avevano rifiutato il suo invito, maltrattando e uccidendo i suoi messaggeri. Ma in fondo cosa ha fatto di male questo sprovveduto per meritarsi la stessa fine degli ingrati? Egli come essi non ha saputo comprendere e apprezzare l’invito del re.

Gli invitati alle nozze hanno disertato il banchetto del re, non riconoscendone la dignità regale e ritenendolo un pranzo come quelli che potevano consumare a casa loro, curando i propri affari e coltivando il proprio campo. L’uomo senza l’abito nuziale aveva accettato l’invito, ma senza riconoscere che quello del re era un banchetto particolare. Si è accodato agli altri, senza porsi nessun problema se non quello di scroccare gratuitamente un pranzo.

I nostri affari e il nostro campo

Noi abbiamo accolto l’invito del re, altrimenti non saremmo qui a celebrare la Messa, invece di essere rimasti a curare «i nostri affari e i campi da coltivare», o a dedicarci ad attività molto più allettanti. Ma l’abito nuziale lo indossiamo? Abbiamo compreso la grandezza del dono della fede, come una porta per entrare in una visione diversa della vita, e un modo concreto di praticarla? L’invito accolto ha cambiato il rapporto con i nostri affari e il nostro campo, oppure il banchetto del re è soltanto un ritaglio tra il nostro solito agire? In altre parole, l’«abito nuziale» è una prospettiva diversa per i nostri giorni, e il «banchetto del re» è un cammino verso il «banchetto di grasse vivande, di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati» che Dio prepara «per tutti i popoli, eliminando la morte per sempre e asciugando le lacrime su ogni volto», oppure il nostro orizzonte continua a non andare più in là dei nostri affari e del nostro campo? La fede rifornisce di energia nuova il nostro impegno a spingere “le cose di quaggiù” verso “quelle di lassù”, oppure nella realtà quotidiana tutto cammina come prima del banchetto e dell’abito nuziale?

Un abito di saggezza e libertà

Tutte queste domande possono fare emergere il dubbio e il timore che la fede sia un peso, un fardello, una limitazione della nostra libertà. In realtà essa è la capacità di armonizzare i «nostri interessi e il nostro campo» con l’invito al banchetto del Re, e vivere tutto, liberi da tutto. Un esempio inarrivabile San Paolo, che può dichiarare: «so vivere nella povertà come so vivere nell’abbondanza; sono allenato a tutto e per tutto, alla sazietà e alla fame, all’abbondanza e all’indigenza. Tutto posso in colui che mi dà la forza». Traguardo per noi inarrivabile, ma verso il quale l’abito nuziale ci chiama a camminare.


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