Amo

#Fermati e...

Fermati, leggi e pensa... con Antonietta Potente e i suoi pensieri condivisi. Fermati e non scorrere queste parole in velocità. Leggi e poi guarda dalla finestra... ascolta... respira... scopri dove l'Invisibile si sta offrendo... e poi scegli se vivere quello che la nostra autrice ha deciso di fare.

In questi giorni, mi levo con le betulle
e sulla fronte ravvio le ciocche di frumento
davanti a uno specchio di ghiaccio.
[...]
Amo. Fino all'incandescenza io amo,
e ne ringrazio biblicamente il cielo.
L'ho imparato in volo. [...]

(Ingeborg Bachmann, Giorni in bianco)

Sono brevi stralci di una bellissima poesia di Ingeborg Bachmann. Mi levo come le betulle... Amo. Fino all'incandescenza io amo.

Guardo fuori...

Guardo fuori dalla finestra, i raggi del sole hanno già raggiunto la terra e splendono sui buoni e sui cattivi, che in questo momento non vorrei che esistessero, perché la sofferenza è già tanta e tutti siamo nell'unica trama del dolore che, come sempre, è indescrivibile.
Mentre la luce del giorno ci raggiunge, la città resta comunque immobile, come se fosse ancora avvolta nel sonno. La città è vuota o quasi; passi veloci l'attraversano, come se fosse ancora buio: e fu sera e fu mattina... primo, secondo, terzo, quarto, quinto, sesto, giorno (cfr. Gen 1).
Il settimo, Dio riposò e respirò (cfr. Es 31,17). Respirò sì, respirò.
Proprio quello che tanti di noi oggi non riescono a fare più: respirare.

Chissà che oggi non sia proprio Lui l'unico a soffiare ancora la vita, insieme agli alberi, le piante, gli uccelli del cielo, le anatre che sguazzano nel fiume e che in questi giorni nessuno osserva e incuranti proseguono il loro destino, lasciando una scia tra la corrente dell'acqua e la sua immobilità.
Chissà che non sia proprio Lui a ridarci il soffio, insieme a tutte le piccole e insignificanti creature di cui dovevamo prenderci cura.
Chissà che non sia proprio quell'invisibilità che assomiglia all'Invisibile, a darci ancora un po' di respiro. Invisibilità, anche nella più chiara evidenza, che non avevamo tenuto in conto prima, perché il nostro sistema ipermoderno non può tenerla in conto, visto che è contraria alle sue leggi. Mentre l'umanità nella sua solitudine ripensa agli anni lontani, ai passi di danza e a quelli più pesanti della prigionia e dell'esilio. Quei passi che, ancora una volta solo Dio conta; i passi del mio vagare (cfr. Sal 56,9) del nostro vagare come umanità. Quei tanti passi di tante donne, uomini, bambini e bambine, che tante volte ci hanno dato fastidio perché ci raggiungevano senza chiedere permesso, perché anche loro, per altri motivi non potevano respirare. Quei passi che la terra ha raccolto e che oggi non udiamo più nelle nostre città.

E fu sera e fu mattina...

Dovevamo sentir scorrere un veleno (virus, dal latino, significa veleno) nel nostro sangue fino ai polmoni, per poter percepire la nostalgia dei passi del vagare di ciascuno di noi e di tutta l'umanità; dovevamo sentire questo poco gradito ospite per renderci conto che siamo parte di un bellissimo ma fragile pianeta e che, fortunatamente, abbiamo dei limiti.
Dovevamo percepire i passi felpati della morte per renderci conto che siamo ancora vivi.

E fu sera e fu mattina: primo, secondo, terzo, quarto, quinto, sesto giorno. Davvero il tempo si è capovolto: sera e mattina; la sera porterà la luce del giorno.
Continuo a guardare dalla mia finestra e sostengo la luce e la notte la sospingo. Sì, certamente, la sospingo verso il giorno. Io ho deciso: io amo.
Torniamo a essere umili e saggi.

 


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